lunedì 9 novembre 2009

Un inaspettato incontro.


La vita delle volte è davvero imprevedibile. Chi di voi avrebbe mai scommesso che io stamani avrei avuto un date? Ovviamente una ceppa leppa di nessuno visto che non lo avrei detto neanche io. Praticamente sono tornato a casa dal lavoro alle 10, giusto il tempo di preparare i moduli e sono riuscito per andare alle poste. Adesso, chi di voi ama andare alle poste di lunedì mattina? Credo nessuno. Io pure non penso sia una cosa simpatica. Ma tantè. Armato di pazienza e speranza sono andato in contro al mio destino. Grazie al cielo non era così pieno come avevo previsto, per cui mi sono messo in fila ad attendere il mio momento. Quando dietro di me arriva un tipo, che mi sbatte violentemente rischiando quasi di mandarmi giù per terra.

Bene. Tento di rimanere calmo e non fare la mia solita venduta di pesce, e soprattutto mi rendo conto di essere in visibile imbarazzo visto che la mia faccia si colora dei soliti colori dal rosso al porpora passando per il fucsia vintage. Mi giro per vedere a chi devo destinare le mie prossime maledizioni, e incontro il viso di un trentenne, visibilmente imbarazzato per avermi investito, alto poco più di me, occhi chiari e carnagione scura. “Hey, scusami non volevo travolgerti”. Dice. Io lo guardo un po’ meglio è sento i miei ferormoni cominciare a ballare il Meneito Beep Beep con coreografie dal dubbio gusto. E sentenzio, effettivamente è bono da fare schifo. “Ma no, tranquillo, può succedere”. Rispondo abbozzando un sorrisetto zoccolegno.

Mi rigiro e faccio finta di niente. Ma devo ammettere di provare una certa attrazione. Penso al suo volto e mi viene in mente che io da qualche parte l’ho già visto. Anche se non ricordo dove, quando mi si è accende una lampadina. Questo tipo è venuto sabato mattina dove lavoro a ritirare dei documenti. E ci ho anche parlato, perché non sapeva dove andare di preciso. E già in quell’occasione i miei ormoni avevano deciso di scatenarsi con una più sobria Beyoncè in “Single Ladies”. Ma non penso sia gay. Andiamo, un tipo del genere mi sembra proprio non appartenere alla famiglia. Decido di trovare qualche segnale, e con la coda dell’occhio tento di scovare sulla sua mano sinistra la presenza di una fede. Ma non riesco a vedere una ceppa, lui è proprio dietro di me.

Uff. Decido allora che devo fare la svampita-rincoglionita-bionda, e butto a terra il modulo per l’accredito del libretto postale. Sbuffo con molta naturalezza, e mi abbasso, ricordandomi improvvisamente di avere un mega strappo sui jeans proprio all’altezza del culo. Maledetti skinny di Zara. Mentre faccio questo movimento però, il mio investitore dietro di me, si abbassa e prende il modulo prima di me. Ecco, che figura avrà visto sicuramente il mio culo all’aria. Che figura. Decido di fare il vago, ringraziarlo di nuovo e con la scusa finalmente posso essere sicuro che non ha legami così importanti che lo obblighino a portare un anello. Ma non può bastarmi. E se facesse un lavoro che non gli permetta di portare l’anello al dito? Che ne so, il macellaio?

Ma no. Sempre con questi cliché sessualmente porcellosi in testa. Decido che è il caso di piantarla lì, e archiviare tutto il mio movimento pelvico per lui. Nel frattempo è il mio turno. Faccio le mie operazioni ed esco. Lui non è più dietro di me, è andato due sportelli più in là a fare i fatti suoi. Faccio spallucce ed esco. Mi metto in fila per il bancomat però, ovviamente mi sono scordato di prelevare. Davanti a me ci sono due persone, per cui mi accendo una sigaretta. Mentre soddisfo il mio bisogno di nicotina, eccolo di nuovo il tipo che si mette affianco a me. Mi sorride e dice “Ci si scorda sempre di prelevare!!!”. Mamma le cose che abbiamo in comune sono 4870. Io annuisco e casualmente gli sputo il fumo in faccia.

Lui accusa il colpo. Fa un passo indietro come se quello per lui fosse stato un chiaro invito. E mi guarda abbozzando ancora un sorriso. E io ri-sorrido ancora. E mentre eravamo lì che ce la sorridevamo era già arrivato il mio turno per prelevare. Ed è stata la gentilissima signora dopo di noi con un chiaro enunciato “Aò, cè sbrigamo che devo d’andà a cucinà???”. Ottimo. Anche preso a parole dalla prima pizzettara della situazione. Mi avvicino e prelevo. Poi chiedo l’estratto, e mi rendo conto della crisi che avanza e termino le operazioni al bancomat. Lui mi guarda e mi sorride, di nuovo, e mi chiede una sigaretta. MA CE STA’ A PROVA’???? Penso. Io non perdo tempo, caccio il pacchetto e gli porgo una sigaretta, e lui risponde “Ah, Marlboro Light, ottimo!”.

Mamma mia. Indeciso se calargli le braghe lì e prendermi ciò che mi spetta oppure correre via, opto per entrare nel vicinissimo tabacchi per perdere tempo, e dargli modo di finire la sua operazione e di uscire e magari seguirlo. Anzi no. Seguirlo no. Vedere che direzione prende. Oppure se ha una macchina. Prendere il numero di targa, il modello dell’auto. NO. NO. NO. Ma cosa dico. Non sono più una stalker. Entro nel tabacchino e compro due goleador maxi. Pago ed esco. E Bingo. Eccolo qui. Che prende la ricevuta dal bancomat. Ma adesso che faccio? Decido di far finta di telefonare, e vedere dove va. Ci vorrà un attimo. Un secondo. Estraggo il mio i-phone dalla tasca e faccio finta di premere il touch screen, in realtà non lo sblocco neanche. E comincio a parlare.

Lui si avvicina, e il dramma, la punizione divina, la vendetta per tutti i miei peccati si abbatte inesorabilmente su di me. Il telefono SQUILLA. Credetemi, volevo morire. Lì. In quel preciso istante ho pensato che l’unica cosa che mi avrebbe fatto risalire dal baratro in cui mi ero murato vivo con le mie stesse mani era accennare alla danza del pollo. Ma sarebbe stato troppo. Per cui, ho fatto il vago, ed ho esordito con scioltezza “Scusa ho una seconda chiamata in linea, devo lasciarti.” Rosso come un peperone con lui che aveva chiaramente sentito me parlare al telefono e subito dopo lo stesso suonare. Rispondo alla mia boss che mi ricordava che dovevo tornare a lavoro alle 14. E quasi stizzito riattacco. Lui nel frattempo mi ha superato e prosegue a passo lento e dritto.

Poco male penso. Ancora in serio e motivato imbarazzo decido che è il momento di guardare e vedere che succede. Attraversa il primo incrocio, e continua a camminare dritto. Non si gira e non si muove. Controlla qualcosa al telefono, forse un messaggio. Mamma quanto sono impiccione. E se fosse solo un essere umano che sta vivendo la sua vita normalmente. Decido di piantarla lì, e di evitare di fare altre pessime figure. Ma quando lo sto pensando, in un secondo lui si ferma, si gira, e mi si pone a 4 cm dalla faccia. Penso che potrebbe essere un nuovo attacco omofobo, anche se cè ben poco da scherzare, oppure il momento della verità. Io rimango immobile, in attesa, con lo sguardo interrogativo e pronto. Lui sorride ed esclama:

“Scusa, ti sembrerà strano, ma stavo pensando che forse potevamo prendere un caffè insieme. Sai ne voglio uno, ma entrare in un bar solo mi fa troppo tristezza, per cui se ti và..”. MACHECOSADOLCEECARINAESIMPATICAOMIODDIOMIOOOIOGIA’TIAMOOOOO. No vabbè. Calma. Avrei voluto fare la mia danza dei festeggiamenti con movenzadannatamentepop. Ma riesco a trattenermi. Sorrido e annuisco. D’altronde non ha mica tutti i torti, che tristezza prendere il caffè da soli. Mi stringe la mano, e si presenta, “Piacere Domenico!”. “Piacere mio, Annabelle Bronstein!”. Dico senza pensarci troppo su. Entriamo e ci appoggiamo al bancone, dove lui ordina un caffè macchiato al vetro.

Anche io prendo sempre il caffè macchiato al vetro. Comincio a pensare che sia uno scherzo. Ma non è tutto. Caccia un i-phone dalla tasca e controlla un sms. Bene sa anche che l’i-phone non suona se ricevi una chiamata mentre stai già parlando. Decido di evitare il discorso poste e telecomunicazioni con lui. E gli porgo una bustina di zucchero. Lui mi guarda e mi blocca, “No ne prendo due”. Io sono devastato. Anche io ci metto due bustine di zucchero nel caffè. Perché la vita è tanto amara già di per sé. E perché non voglio ritrovarmi a settant’anni a mangiare scondito e senza sapori senza poter ricordare lo zucchero. E lui dice la stessa identica cosa. Ma questo mi legge il pensiero. Penso. Anzi. No, non devo più pensare.

Lui mi dice che si occupa di pubbliche relazioni, che gli piace molto la musica e che vorrebbe lavorarci, ma che per ora gli va bene così. Che si ricorda di me perché mi ha visto sabato mattina quando è venuto a ritirare dei documenti dove lavoro io. Mi chiede che ore sono, e che faccio nella vita. Bene. Si tratta davvero di un mega rimorchio per strada questo. Decido di parlargli di me, ma di non essere troppo chiaro. Non mi va di scoprirmi in tutto e per tutto. Beviamo il nostro caffè, e lui paga, senza darmi il tempo neanche di chiederglielo. Prendo un euro dalla tasca, e glielo avvicino, ma senza mezzi termini me lo rimette in tasca. Noto finalmente le sue mani da vicino. Sono grandi, con le unghie ben tagliate e ben idratate.

Già lo amo. Mi dice se ci fumiamo una sigaretta fuori e che me l’avrebbe offerta lui a questo punto. Allora le aveva anche lui. Un altro chiaro segno. Ci sta provando. “Ah, allora le avevi le sigarette”. Lui sorride, e accusa il colpo. “Si sai com’è. Era una scusa… Bè ecco, per fare quattro chiacchiere”. Oh mio Dio. Ma io ti amo. Vorrei quasi quasi esultare ma non posso. Devo rimanere abbastanza vago. Mentre fumiamo mi chiede i miei programmi per la giornata. “Bè sai, devo andare a lavoro, stasera mi tocca un doppio turno, pomeriggio e notte”. Lui si dispiace, e mi chiede se possiamo scambiarci i numeri di telefono. Io dico che non cè problema. Anzi, lo facciamo immediatamente. Mentre le sigarette sono ormai finite.

Mi dice che va di fretta, che gli dispiace perché avrebbe fatto volentieri altre quattro chiacchiere. Io non capisco. Non ancora. Gli dico che se vorrà avremo modo, e che anche io non è che abbia tutto sto tempo libero per cazzeggiare. Si avvicina, mi appoggia la mano dietro la schiena, avvicinando un pochetto a lui e mi da due baci sulle guance. Io mi imbarazzo troppo. Ma cerco di fare il vago. Andiamo mica sono una sedicenne rincretinita. Lui sorride, e mi saluta. Attraversa e io continuo dritto. Mentre cammino mi giro e vedo che anche lui si è girato. Mi giro poco dopo, ed è ancora lì che mi guarda. Faccio altre dieci metri, e mi giro per l’ultima volta. Lui mi sta ancora guardando. Mi chiedo vivamente da dove esca fuori un tipo così carino e a modo. E spero che si faccia sentire presto.

Decido di celebrare questa giornata, e di ricordarla non solo come il giorno in cui il muro cadde, ma anche come quello in cui per la prima volta sono stato rimorchiato per strada in modo carino. Adesso spero vivamente che non sia la solita bufala, per cui l'imperativo è far finta che non sia accaduto niente, anche se sto già iniziando con le psicosi da telefono che non prende. Per cui preparatevi tutti, perchè ne avremmo ovviamente, di bendonde di dirne e farne.

venerdì 6 novembre 2009

La Posta del Cuore #1


Finalmente debutta la Posta del Cuore. Dopo mesi e mesi di assidua promozione sul web, sono finalmente arrivato alla scelta della primissima lettera da pubblicare, tra milioni ma che dico milioni, miliardi di lettere ricevute. Per due venerdì al mese questa rubrica terrà banco sulle pagine de il Pisello Odoroso, per cui continuate a scrivere mail a annabbronstein@aol.com oppure raggiungetemi sul mio famigerato faccialibro. Insomma una vera e propria peperonatadifattacivostri, giusto per tenere in allegria il nostro senso del pettegolezzo e anche per prenderci un po’ meno sul serio. E con questa prima lettera penso davvero che sia stato colto lo spirito della rubrica. Ma ciancio alle bande, come direbbe la mia amica bislacca, e munitevi di popcorn e coca-cola e lasciatevi prendere dalla Posta del Cuore, che tornerà puntuale venerdì 20 con una nuova lettera!


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Ciao Annabelle

non sai come sono contento della tua nuova rubrica sul blog. Avevo già scritto a Natalia Aspesi del Venerdì ma quella ha 344563 anni e non vedo come possa aiutare un giovane ragazzo gaio bisognoso di attenzioni come me. Te invece sei così dannatamentepop e così pazzescamente pazzesca che sono sicuro riuscirai a risolvere tutti i problemi relazionali che mi pongo. Anzitutto voglio dirti come mi chiamo, perché non è proprio carino rivolgersi a qualcuno senza presentarsi, io mi chiamo Serena e ho un nome che ne ha di bendonde e scusami se imito il tuo modo di scrivere, ma è che sono irrimediabilmente folgorato dalla luce della tua sapienza che sono sicuro provenga dalle tue note origini indiane.
Ma basta adularti, parliamo di me e delle mie paturnie. Purtroppo mi discosto da quello che è il tendenziale approccio all’amore che hanno un po’ tutti. Io non riesco a passare oltre. Vedi nella mia vita mi sono piaciute in modo serio soltanto tre persone, e, ovviamente, proprio perché il mondo è sadico, nessuna delle tre ha mai ricambiato l’interesse [nel frattempo che ti scrivo si è appena collegato a msn il terzo interessante, già mi sento agitato sperando che mi contatti: che sfigato che sono]. Effettivamente non posso fare una colpa a questi ragazzi, il primo era un eteropraticanteassociatoall’azionecattolica,e quando dico etero non intendo curioso, ma proprio etero; mi ricordo ancora quando disse “vedi io potrei baciare un ragazzo ma non mi si drizzerebbe per niente”, frase che mi rimase in testa per mesi, aveva un non so che fascino dolce e rude allo stesso momento [….quanto mi faceva sesso]. Col secondo ci fu una storia breve di cui capii l’importanza soltanto una volta mollati. E col terzo boh, sinceramente non riesco a capire o forse ho inteso ma preferisco vivere nel mondo dei sogni [continua a non contattarmi comunque, certo però l’ultima volta mi ha scritto lui, quindi in effetti non sarei in difetto se gli trillassi, sorry, sweety, that’s the drama-time]. E per quanto non mi sia mai precluso nuove conoscenze, scatta sempre il paragone impossibile. Ad esempio capita spesso ultimamente di andare a ballare e lui è presente, a quel punto cosa me ne frega di scoparmi il tipo che mi spizza se c’è lui che ogni tanto provoca e sorride [oh cristo santo, che frase odiosamente romantica che ho scritto, I HATE MYSELF].
Ma ora non voglio lamentarmi della classica storia incompiuta e della stupidità di questo coglione che non capisce quanto staremmo bene insieme; il punto è che io non mi sono mai sentito innamorato di uno di questi ragazzi, ma mi sono lo stesso rimasti in testa per anni. Quando sento dire spesso la parole “amore” per storie dimenticate in un mese. Non capisco se sono io che sminuisco il mio sentimento per cercare di convincermi meno coinvolto di quanto non sia, oppure se è il resto del mondo che utilizza la parola “amore” a sproposito, soltanto per potersi dire “innamorati” o “in una relazione”, come se il loro intento principale fosse quello di non essere più sfigatamente single su facebook. Ora però non voglio che tu mi fraintenda: non pretendo di apparire come l’ultimo romantico rimasto sulla terra, perché di romantico in me c’è ben poco. Non esiste persona al mondo più fottutamente cinica di me, ed è forse la faciloneria con cui si parla di amore che mi fa dubitare del sentimento degli altri. Ma d’altronde sono in minoranza, per questo ti chiedo di farmi capire dove sbaglio e di rendermi un po’ meno cocciuto, e di insegnarmi in qualche modo a riuscire a passare oltre."
Serena



Cara Serena,
ma anche caro Serena. Sono molto colpito da tutti i complimenti che mi fai, che di prima mattina danno solo una grande soddisfazione. Vorrei subito entrare nel vivo della tua lettera. Prima cosa non preoccuparti, l’amore è una cosa al quanto personale ed è salutare avere dei termini di paragone, ma delle volte è meglio soprattutto non tenerli troppo in considerazione. In definitiva succede spesso che noi omosessuali romantici ci lasciamo troppo prendere dal nostro voleressereCarrieBradshawatuttiicosti. E questo di certo non aiuta. Anzi, ci finisce per confondere ancora di più.

Per quanto riguarda le tue esperienze, bè, non preoccuparti, non è detto che bisogna avere divorziato almeno sei volte ed avere cinque figli per dire veramente di poter capire l’amore. L’amore purtroppo è una cosa talmente inconsapevole e inaspettata che quando arrivi lo capisci solo da quelle tre farfalline che ti cominciano a volare nello stomaco. Lo so. Detta così, sa ancora di più romantico, ma credimi, sta tutto lì. Sei mai andato in aereo? Quando l’area comincia a salire senti una strana sensazione allo stomaco. Quella stessa la provi quando sei davvero innamorato. Adesso, tu come quasi tutti i ragazzi gay, hai già provato un’attrazione proibita per un ragazzo dell’azione cattolica etero, hai capito l’importanza di una breve ma intensa storia con il secondo, per cui sei già ha buon punto.

Questo è il momento in cui devi averne di bendonde. Il momento in cui devi credere in te stesso. Il momento in cui non devi rendere conto all’ennesimo social network, ma devi semplicemente agire. Io ti consiglio di prendere di petto il tipo in questione e di non aspettare che lui ti consideri. Ti piace? Lo vuoi? Conquistalo. A volte siamo sempre rintronati da quello che pensiamo che la gente si aspetti da noi, per cui viviamo con uno stato di agitazione e insoddisfazione l’incontrare uno di quei ragazzi carini che ci fanno battere il cuore. Cancella tutto. Non pensarci. Sii solo te stesso. Cerca di essere allegro, divertente e accattivante, e perché no, anche cinico. Il cinismo in senso stretto aiuta ad essere più sciolti.

Non cercare a tutti i costi di attirare la sua attenzione con milioni di parole e piani, assolutamente no, ma cerca di colpirlo per quello che tu riesci ad esprimere. Cerca di parlare poco, ma bene, che alle brutte aiuta sempre. E sicuramente riuscirai a stabilire per lo meno un contatto, un contatto migliore di quello che potrai avere attraverso messenger o faccialibro. Però, devo assolutamente essere sincero nel dirti che se tutto ciò non dovesse aiutarti, puoi sempre passare all’attacco con l’arma segreta: la movenzadannatamentepop. E’ risaputo, da anni e anni passati a sudare sui maledetti dancefloor capitolini, che laddove la parola fallisce la movenza vince. E anche di netto.

Hai visto che ti guarda e non favella? Che ti sorride ma non ride? Che ti parla ma non comunica? Lascia perdere. Trascinalo sul dancefloor, e vacci di movenza. Servono tre ingredienti per stupire con la movenza, un buon playback sulla canzone che stai ballando, un sorriso pazzesco e ovviamente un ottimo sculettamento assieme a movimenti sincroni e ben assestati. Più sicuro sei mentre balli e più la preda capisce che ne hai di bendonde. E se per assurdo dovesse non recepire e continuare a stare lì senza sapere cosa stracazzo fare. Be’ tesoro, devi passare per forza alla fase Ammicca-Avvicina-Avvinghia, più comunemente detta la fase delle tre “A”.

Ammicca al più carino che vi bazzica vicino. Avvicina il tuo sguardo al suo, e fagli intendere il tuo mood aggressive ma ben controllato. Avvinghia e dacci giù di pomicio e slinguazze. Così, solo così potrai capire veramente se il tipo ha qualche interessa per te. Se si fa rode il culo, hai vinto. Se invece continua a ridere e scherzare come se nulla fosse, be tesoro, forse ha vinto lui. Ma tu non devi assolutamente rimanerci male. E’ inutile ciular nel manico se il manico non è disponibile. Non so se mi spiego. E di conseguenza, a questo punto, non hai bisogno neanche di starci troppo giù. Lo so sei romantico. Ma sei anche cinico, e forse proprio il cinismo potrà salvarti. Non credere che sia una sconfitta. Non lo è per niente.

Pensa solo che puoi tranquillamente passare alla fase, “Tefacciovedèchetistaiaperde”, che è quella che preferisco di più. Se dovessi capire che non cè né, puoi semplicemente essere favoloso in ogni occasione, divertente al punto giusto e anche brillo al punto giusto. Lui capirà davvero cosa si è lasciato sfuggire e passerà alla rivalutazione. Tu però non devi assolutamente fare il vago. Dal romanticismo si passa facilmente al tragico. E dal tragico si finisce inevitabilmente al dramma. E il dramma è sempre dietro l’angolo. Ed è a carattere lesbo di solito. Per cui, a meno che tu non sia Louise di Saint Louise, bè pensa solo a te. E vedi che superi anche il dramma del come andare avanti.

Non cadere nelle depressioni da gay rifiutato, ovvero: Alcool Bridget Jones e copertina della nonna. Non tapparti in casa. Vedi gli amici, e fatti tutt’al più un profilo su gay romeo. E rifiuta tutti i primi venti che ci provano con te, anche se carini. Ti aiuterà a dirti sicurezza, e a sottintendere che tu sei quella che hai il controllo. E se proprio dovessi mai cedere alla fase maniaco-depressiva, bè, non cè altro da fare. Qualche amico intimo, prosecco e/o vino, una marea di negozi e vacci giù pesantemente di carta di credito. E dopo ti sentirai sicuramente meglio. Favoloso, come non mai, potrai farcela sicuramente a dimenticarlo. E ne avrai sicuramente di bendonde.

Un saluto Serena. Un baciotto e una semi-movenzapop-virtuale.

Finché, Annabelle Bronstein.

lunedì 2 novembre 2009

CO2 Brasserie. Il ritorno dell’aperitivo gay della domenica.


La domenica capitolina si è svegliata. E se nella passata stagione Crudo imperversava con il suo aperitivo, questo sarà l’anno di CO2. Un posto pazzesco. La location in realtà è un mix tra un aeroporto e una stazione. Ce un grande tabellone con gli arrivi e le partenze che ogni quarto d’ora circa scatta e si aggiorna. Semplicemente pazzesco. Appena si entra poi ci si ritrova in un’enorme spazio con i soffitti alti dominato al centro da un bancone dove è possibile abbuffarsi alla grandissima e tutt’intorno tavoli in legno e sedute in pelle. Ma non finisce qui, a sinistra la cassa con l’ampio bar e sopra un mega soppalco con tavoli e ancora tavoli. Insomma spazio a volontà. A due passi da Via del Corso in Largo del Teatro Valle 4.

Io Guy e la Du Barry eravamo ovviamente presi dai nostri soliti discorsi, che si sono interrotti appena entrati quando ci siamo accorti della presenza di Mr. Big e dell’Orco MaleFico. Ovviamente sempre insieme. Mentre ordinavo da bere alla ragazza in cassa pazzesca, mi stavo già preparando alla guerra quando guardandola bene mi sono reso conto che quella che mi stava battendo lo scontrino non era una delle tante. Davanti a me signori avevo Carolina Di Domenico. Forse non vi dirà molto il suo nome, ma il suo curriculum si. Ricordate il Disney Club? Oppure Mtv? Trl, Hit List Italia? Proprio lei, l’ex vj di Mtv era lì con una forma invidiabile (ha partorito da poco), che si occupava di lavorare. Mamma quanto è bella.
Fatti i complimenti di rito, mi sono avvicinato al bar dove mi sono imbattuto in Mr. Big e l’Orco. Baci, abbracci, frizzi, lazzi e giubili vari e chiacchiere inutili hanno imperversato nei 3 minuti e mezzo di contatto con i due. Anche se l’Orco MaleFico, ovviamente, aveva bisogno di mettermi la mano sul fianco e accarezzarmi l’alta natica sinistra. Ovviamente io ci sono stato. E sinceramente gli avrei fatto assaggiare anche ben altro, ma dovevo restare freddo e distaccato, e dopo le solite inutili chiacchiere mi sono finalmente goduto il mio prosecco. E il buffet. Cous cous, come nella tradizione degli aperitivi gay, e delle simpatiche frittellone ripiene di verdure. Tra cui piselli. Ottima scelta direi. Si capisce che Carolina la sa lunga su come organizzare un aperitivo con le palle.
Decisi a capire l’andazzo della serata, ci siamo resi conto che eravamo circondati da trentenni. I trentenni sono lo scoglio duro della popolazione omosessuale, difficile da avvicinare e conquistare. Noi, che siamo ancora nella generazione dei venti, adoriamo conversare di cose più frivole e leggere soprattutto per distrarci dalle delusioni di cuore, università e lavoro. Loro no. Loro devono affrontare discorsi maturi. Di politica. Di relazione. Loro devono parlare della palestra, della dieta, di quante calorie hanno bruciato e di quante proteine hanno assunto. Loro devo organizzare le vacanze, in estate a Gallipoli e in inverno in una qualche località montana. Noi andiamo in vacanza per fare sesso, ubriacarci e ballare. Loro vanno in vacanza per riposarsi, assaggiare i piatti tipici e fare sedute di massaggi e cardiofitness nei centri benessere.
Insomma due palle infinite. Due mondi apparentemente lontani e inaccessibili gli uni con gli altri. Ma non sanno con chi stanno giocando. Per cui decidiamo di osservare e prendere appunti. Fa sempre bene, evitando nell’ordine di cadere, dire cazzate ad alta voce, indicare quelli davvero boni. Ma i nostri obiettivi perdono corposità quando ci rendiamo conto della presenza della Fotografa. La Fotografa è una delle classiche fregnemosce che vive nella capitale. Questa strana tipologia di gay, è riconducibile ad una persona che parla poco, non ha particolari emozioni, e se le ha sono comunque espresse al minimo. Studio moda, di solito in qualche corso privato, si sveglia dopo le 15 ed ha almeno una Reflex, una Lomo e un concetto di espressione delle sue emozioni attraverso l’arte e la moda.
Insomma una vera e propria checca sottuttoio. Che per di più passa la serata a guardarti senza la minima sensazione di presenza nel suo sguardo. Decidiamo di ignorarlo e andare a fumare una sigaretta, tanto lui sta lì che si spara pose e se la tira in attesa del primo pollo che lo consideri. Ma fuori ci aspetta un arrivo a sorpresa, ovvero l’arrivo dell’Impresario. Lui è un quasi quarantenne, bono da fare schifo, con poco senso dell’umorismo e molta pienezza di se. Ci saluta con un bacio e sfugge, forse perché nel nostro ultimo contatto gli ho fatto capire che non è che comanda lui, e che non sto assolutamente a pendere dalle sue labbre, nonostante se lo meriterebbe.
Poco dopo riappare e lo vediamo scherzare con diversi ragazzi ma soprattutto, ha un tic davvero inappropriato. Ogni 9 secondi (vi giuro contati) si ravana il cazzo. Eh si. Certo è che lì sotto cè una bestia in cattività, perché il pacco è notevole, ma non è che puoi stare lì a menartelo ogni 3x2 sottolineando che ce l’hai grosso. Lo sappiamo. Lo vediamo. Lo abbiamo capito. E ti dirò di più, mi rode anche abbastanza un po’ che non avrò mai l’occasione di farne di bendonde, ma il buon gusto? Le buone maniere? Dove le hai messe? Nonostante l’aria frescolina, Guy, la Du Barry ed Io abbiamo l’ormone friccicarello e caloroso, e ci concediamo un bis alcoolico. Eh quando l’alcool abbonda nelle vene cominciamo a fare i soliti discorsi esistenziali alla Louise di Saint Louise.
Guy è sicuro vuole un ragazzo. La Du Barry non lo sa. Lei vuole solo UN ragazzo che lo caca solo su Msn e da mesi gli dice che devono vedersi, che ha voglia di vederlo, che ha scoperto una Du Barry diversa, ma da mesi questo appuntamento non si fa. Io vorrei solo la Polpetta. Anche se insomma, credo di volerlo solo nella mia testa. In definitiva credo che vorrei innamorarmi, ma seriamente, anche se da un po’ ho allentato con la ricerca spasmodica del mio fidanzato. Alternative alla Polpetta ci sarebbero, anche se tutti in qualcosa non mi soddisfano. Ce sempre un qualcosa che non va. Io arrivo alla conclusione che siamo troppo esagerati, e che chi si accontenta in qualche modo è più contento. Oppure devi essere una fregnamoscia.
E giusto mentre lo diciamo la fregnamoscia di cui sopra è lì che ha non solo accalappiato un raro esemplare di trentenne, che non è niente male, ma ci sta parlando. Ovviamente con spossatezza. Guy realizza che forse noi non siamo destinati ad avere un uomo. Ma solo vampate, scopate poco soddisfacenti e amici, quelli si. La Du Barry, con un cipiglio saggio e inaspettato per lui sentenzia sicuro: abbiate fede, noi troveremo il meglio. Noi non ci accontentiamo. Noi mettiamo in discussione noi e chi ci piace, per capire se fa davvero per noi. Fidatevi, a lungo termine saremo felici. Io comincio a crederci, ma ci credo solo perché l’alcool sta facendo il suo corso, e lo capisco dal mio equilibrio che comincia a divenire sempre più precario.

Decidiamo di credere alla Du Barry, e di andare a casa, ma prima, ovviamente devo svuotare la mia famosissima vescica. E lì capisco il segreto di quel posto fatato. Appena entro in bagno parte “Dancing Queen” degli Abba, e un faretto illumina una discoball che comincia a girare. Mentre faccio pipì in realtà sono nel bagno più fico e cool che un gay possa mai sognare. Anzi la differenza è che non è un sogno, ma esiste davvero. E mentre finisco di farla tutta, mi ritrovo a dimenare i fianchi e a abbeverare il mio spirito di movenzedannatamentepop, dichiarando a me stesso ufficialmente che quello è il posto fiù fico dove io abbia mai fatto pipì. Ed esco sorriso, testa alta con chi sa di poterne fare di bendonde, sempre e soprattutto ovunque.

L’inusuale Mucca di sabato sera.

Nella mia vita ci sono alcuni punti fermi. Fino a ieri sera. Infatti il solito Mucca è andato in scena di sabato sera per una causa più che valida, ovvero Halloween. E io che sono oggettivamente un mostro per almeno 265 giorni all’anno, per la prima volta ho ceduto alla magia del travestimento. E proprio con questo spirito io e Guy ci siamo messi alla ricerca di sangue finto e trucchi mostruosi per l’occasione. Abbiamo deciso di partire dal cult, ovvero andare da Profondo Rosso, in Via dei Gracchi. Ma ovviamente non eravamo stati gli unici ad avere questa fantastica idea. No. Già sul marciapiedi ci siamo resi conto che non era fattibile poiché altre 27 persone minimo avevano avuto la nostra stessa idea ed erano tutte lì diligentemente in fila. Mah.

Così ho avuto una folgorazione: proprio in una traversa di Cola di Rienzo ricordavo esistere un negozio di articoli per feste, che l’unica volta che volevo andarci era irrimediabilmente chiuso. Ma ieri no. Era aperto, e pieno zeppo di gente, e ovviamente non avevano più sangue finto. Che però ho sostituito con colorante al lampone per dolci. E giusto perché AMO il lampone. E anche Guy ha trovato il suo trucco per la serata. Noi tra l’altro, eravamo incaricati di mandare il messaggio per metterci in lista per la serata. Così reperiti i contatti mi sono messo al lavoro immediatamente. Chiamo il primo numero e lo squillo è ovviamente a vuoto. Preso dai nervi chiamo il secondo. E risponde Ciro. Unica informazione a me conosciuta.

Comincio una serie di mega figure di merde telefoniche che penso mai nessuno abbia mai fatto con una sola telefonata. Prima di tutto esordisco dicendo “Ciao, volevo chiedere se era possibile essere messo in lista con i miei amici per la serata di questa sera di capodanno…”. Ma cosa cazzo dico? Ciro, ovviamente, dalla chiara provenienza partenopea si mette a ridere. E come minimo, io mi sarei chiuso il telefono in faccia da solo. Vabbè. Decido di stare molto più attento a quello che dico. Ma Ciro a questo punto esprime le sue perplessità sul mio orientamento sessuale: “Ma voi siete gay, lesbiche, etero oppure trans?”. “Guarda siamo tutti gay, e poi ci sono due nostre amiche etero che vengono con noi, ma sono molto friendly!”.

Ma nonostante le mie delucidazioni lui si sente comunque in dovere di sottolineare “Ah, e tu sei una di loro?”. Ovvio che no. Ovvio che io sono un ragazzo gay, che ha il pallino di farsi chiamare Annabelle Bronstein ma che ha una voce, che almeno per telefono, viene puntualmente scambiata per quella di una ragazza. E così, rispondo “No guarda, io sono un ragazzOOOO, GAY, anche se mi rendo conto che via telefono posso sembrare una ragazzina. Comunque fidati, sono proprio frocio!!!AUHAUHAUUAUHUHAUHAUH”. E che ridere. Comunque lui ha fretta, e i vigili lo hanno quasi sgamato che sta guidando mentre è al telefono, per cui per evitargli grane taglio e anche lui mi taglia dicendomi di inviargli un sms con tutti i nomi da mettere in lista.

Ah bè, e io che credevo che bastasse un nome più il numero. Troppo semplice. E infatti, comincio a fare la lista nomi e cognomi. Ovviamente per queste occasioni io uso sempre un nome d’arte, che non è Annabelle Bronstein. Ovvio che no. E’ un nome che utilizzo per prenotare i tavoli nei ristoranti, le stanze negli alberghi e le liste in discoteca. Metti caso che all’ultimo succede un dramma e non puoi più andare ti riesci sempre a parare il culo. Ovviamente per dare un senso alla nostra lista convengo con Guy che è il caso di metterci dentro anche il nome di un vip. Certo basterebbero già solo i presenti, visto che parliamo di me ma anche di Popslut. Ma come è noto, io devo esagerare. Per cui includo giustappunto Filippo Timi, che a breve sarà il mio fidanzato.

Anche se lui questo lo ignora ancora. L’appuntamento è direttamente davanti al Mucca, dove al nostro arrivo troviamo già Ga, Sara, l’infermiere veterinario e Popslut. Ci mettiamo in fila mentre la temperatura polare artica ci gela in maniera devastante, e ci rendiamo conto che la fila liste è di un affollato inverosimile, mentre le tessere sono vuote. Quando arriviamo al door selector tutto ci è chiaro. In realtà davanti a noi ce un vero e proprio idiota. Io odio la categoria door selector. Si credono questa ceppa leppa solo perché sono lì, e il loro mestiere è semplicemente quello di sottolineare un nome dalla lista e metterti un fottuto timbro sulla mano. Voglio dire anche Laura Scimone sarebbe capace di farlo in meno di 10 secondi.

Ma lui no. Lui non ha capito il nome. Per cui glielo devo ripetere per ben tre volte di seguito. Una volta trovato il mio nome, esita e si mette a chiacchierare con il suo collega delle tessere. Poi, immancabilmente, deve fare il provolo con due che sono più femmine di me e mia madre insieme e più checche di lui e tutta la sala pop del piano di sopra. E io sono ancora lì in attesa che mi venga detto cosa stracazzo devo fare della mia esistenza. Allora, morto di freddo e pronto a mandarlo a fare in culo in diretta decido che ne ho abbastanza e faccio un passo avanti andandomi a prendere quello che mi spetta, ovvero circa un milione di movenzedannatamentepop. Ma lui rinsavisce, torna in se stesso e mi blocca, “Ma scusa, dove vai? Aspetta qui”.

Decido di restare calmo, in fondo già l’anno scorso hanno tentato di buttarci fuori. E faccio spallucce. Finalmente dopo che è stato 87 minuti a fare la checca il tipo si riprende e fa passare Ga, ci mette il timbro e ci apre il passaggio, anche se io gli sottolineo che ne siamo dieci e lui finalmente si rende conto che è ora di guadagnarsele quelle 30 euro. Sempre se gliele danno. Ma io sono già altrove. Pago la mia entrata e una marea di note musicali, movenze e sorrisi si impadronisce del mio essere. Sono tutto in un secondo un vampiro, dall’aspetto e le movenze dannatamente pop ed ho voglia di prender parte ad un pomicio party. Giusto il tempo di consegnare le giacche e di prendere un drink. E siamo già al secondo piano a sculettare e a far lezioni.

Le tracce scelte sono una meglio di un’altra, le movenze sono dannatamente pop e anche i tipi che ci circondano sono mostruosamente scopabili. L’alcool mi entra in circolo e la mia micro vescica da 33 cl si riempie in un batter d’occhio, al punto che non resisto e devo andare al bagno. Bagno che essendo l’anticamera della darkroom ne ha preso i connotati ancora di più. E’ tutto fottutamente buoi, e per pisciare devo farmi luce con il cellulare. Che palle. Ma il dramma è sempre dietro l’angolo, e io lo avevo rimosso per colpa di quell’alcool che mi riempiva la piccola circolazione. Ovviamente, mi imbatto in un mio contatto messenger. Lui è il giornalista, ha la mia stessa età, e devo ammettere che vagamente mi ricorda la Polpetta.

Ha la panzetta, gli occhiali e uno spiccato senso dell’umorismo. Che forse mi affascina più di ogni altra cosa. Io faccio finta di nulla. Auspico nella forza del mio make-up, ma è tutto inutile, lui mi riconosce e mi accalappia immediatamente. “Finalmente ci si vede, sono mesi che fai il fuggiasco su Msn, ora siamo qui uno di fronte all’altro!”. Sbaglio o tutto ciò mi suona di minaccia? Il giornalista però ignora chi io sia. Io sono Annabelle Bronstein, ma prima ancora sono un vampiro e un ragazzo dannatamente pop. Decido di essere acidulo e anche saccente, se lo merita. “Bè. Ti ho invitato almeno tre volte, ma tu avevi sempre una scusa per evitare di vederci. Scusa ma poi la palla passa a te. Io aspetto e ti sto ad aspettare che tu faccia qualcosa…Erro?”. Tiè. Beccati questa.

Lui non sembra essere toccato dalla mia affermazione. Anzi, rilancia. “Dai stasera allora vieni a dormire da me, sto qui vicino, stiamo insieme tutta la notte e domani te ne torni a casa!”. Eh chi diavolo sono io, il primo che te lo dà così? Mi spiace tesoro, ma per quel che mi riguarda oramai bisogna meritarselo. Declino con rigore l’invito, e sorrido. Sono pur sempre un mostro, ma con il giusto brio e la giusta ironia. Lui se ne dispiace, ma neanche tanto. Al punto che si sente autorizzato da dare quel famoso pomicio party a cui volevo autoinvitarmi e mi ficca la lingua in gola. Bravo. Più due punti. Quello che volevo. Lo scopro un ottimo baciatore dall’alito più che profumato. Queste due caratteristiche mi conquistano e jè do de pomicio.

Dopo quasi venti minuti di questa festa privata, mi rendo conto che è il caso di darci un taglio, la carne oltre che tanta è debole, e io potrei approfittare di qualche pertugio buoi e intimo per farne di bendonde peggio. Ma non è questo il momento giusto. Tra l’altro la sua erezione negli slip è invadente e sempre più provocante. Ma io, non so come, trovo le forze di dare un freno a quella lingua che la sa davvero lunga. Invento di aver ricevuto un sms e che devo assolutamente raggiungere gli altri. Lui se ne dispiace, veramente, ma ha avuto quel che voleva. E anche io. Ci salutiamo e concludiamo con un “vediamoci in settimana”. Io annuisco, anche se non so davvero se in realtà sarà così.

Raggiungo gli altri, e il mio drink quasi finito viene rinforzato da vodka. Il mio amico Pop ha una fiaschetta piena zeppa di un intruglio fatato, e io ne faccio volentieri una sorsata. Da lì in poi i ricordi sono vaghi. Mi ricordo di pagliacci, vampiri, uomini lupo e molte lesbiche. So soltanto che dal centro pista siamo finito vicino la consolle intorno a un palo da lap che abbiamo rotto dal soffitto. Ci siamo soltanto saliti in quattro su ad ancheggiare come sedicenni bionde e ubriache. Decidiamo che alle 4.30 è ora di archiviare la serata con un 7+, di prendere ciò che rimane di noi stessi e tornarcene a casa. E così, dopo movenze dannatamente pop, vodka lexotan e baci a fiumi siamo finalmente soddisfatti di una serata. Perfetto direi.