Eccomi qua. E direi anche
finalmente. Se avevate avuto il sentore che la cialtrona che è in me
si fosse suicidata, beh, dovrete ricredervi. Perché eccola
riapparire. In maniera del tutto inaspettata. Ed è riapparsa proprio
ieri durante un momento di assoluta drammaticità della mia
esistenza. Ovvero ero perso in quel di San Giovanni tra Via Gallia e
Via Magna Grecia alla ricerca della mia università privata.
Ovviamente me l'hanno pagata, perché figuratevi se io me la potevo
permettere. In ritardo di almeno venti minuti sono arrivato alla
reception dove mi aspettava una tale che ripeteva come un'ossessa
“Lei è Bronstein? E' Lei? E' Lei???”. Si cazzo sono io, e sono
tremendamente in ritardo, sfigata orrenda che non sei altro.
Arrivo nell'aula dove le
discussioni delle tesi erano già iniziate, e mi rendo conto
immediatamente di essere una provinciale. Tutti avevano
un'abbigliamento sul casual andante, ed io avevo optato per una
simpatica camicia e giacca. Davvero, stavo benissimo, ma
effettivamente ero talmente sudato che la macchia di sudore mi
arrivava al colletto della camicia stessa. Seduto a un posto
qualunque mi sono asciugato il sudore e mi sono soffermato per la
prima volta ad analizzare chi erano coloro che mi avrebbero
interrogato di lì a poco. All'estrema destra c'era un bono
stratosferico, presumibilmente barese dall'accento, capelli corvini
con frezze brizzolate e abbronzato da fare schifo. Fede al dito.
Fanculo.
Il secondo mi dava di
conosciuto. Ma sono passato subito al terzo alla sua sinistra.
Vecchio, partenopeo, simpatico, vagamente dolce ma orrendo. Torno al
secondo. E inizio a fare un viaggio nella mia testa che neanche Gian
Maria dei Prozac + alla sua festa di compleanno sotto acidi. Dove
straminchia ti ho già visto? Penso, ma non mi torna affatto in
mente. Eppure io so di averlo già visto da qualche parte, so di aver
incontrato in un'occasione il suo sguardo. Cerco di ricordare se ho
mai seguito una sua lezione. Ma sono sicuro di no. Eppure io non mi
sbaglio. Comunque, cerco di ripassare qualche nozione che potrebbe
servirmi, insomma devo pur sempre discutere una tesi. Anche se
parliamo di un master.
Finalmente tocca a me. Da
prassi io sono l'ultimo. Sono sempre stato l'ultimo e lo sarò
sempre. Mi siedo e il caso vuole che proprio il mio professore
misterioso si prende cura di darmi la mano e prende la mia tesi e
comincia a sfogliarla. Figuratevi se c'era quella emerita stronza
della mia relatrice, ma parliamo sempre dell'università privata. A
quelli interessano i pippi. Mi siedo, e più da vicino sono ancora
più convinto che io questo tizio (sulla trentina, mezzo rossiccio,
leggera barbetta, bel fisico) ho avuto modo di vederlo già in
passato. Ma chi stracazzo sei? Penso e ripenso. Chi sei? Ma perchè
sono una fottuta celebrolesa? Mentre penso lui rompe il ghiaccio:
“Piacere sig. Bronstein, finalmente ci rivediamo!” e mi stringe
la mano.
Ci rivediamo? Ma chi
stracazzo seiiiiiii??? Quando in un guizzo di lucidità capisco senza
ombra di dubbio chi ho di fronte. Signori e signore io con questo
tizio ci ho scopato un mese e mezzo fa. E il panico si è
ufficialmente palesato. Trasalisco. Sbianco. Lo guardo fisso e mi
rendo conto che lui ha capito che io ho finalmente capito di chi
stravalalalasss si tratta. Rimango tipo stoccafisso e imploro che un
fulmine mi colpisca nell'immediato. Ma ci sono almeno quarantotto
mila gradi fuori ed è assolutamente improbabile. Decido di fare la
ragazza con la patata al sugo, laddove sugo sta per “quei giorni”
e fuggo in bagno.
Mi lavo la faccia e mi
asciugo con i tovaglioli. E mi ritrovo a riflettere su quanto sia
figo questo cesso. Ma vabbè, in realtà avevo ben altro a cui
pensare. Cosa stracazzo sto facendo in questo cesso pazzesco quando
devo discutere una stracazzo di tesi di master? Eh? Ma sei cogliona?
Levati va. Torno in me ed esco dal bagno e quando rientro nell'aula
sembro tipo una bambina che ha visto la Santa. Con un'aria
melodrammatica che manco Mariangela Melato, sento uscire dalla mia
bocca in maniera del tutto inapettata: “Chiedo scusa, mi sono
vestito troppo pesante e mi stava mancando l'aria. E' tutto apposto,
possiamo procedere, adesso”.
Comincio a discutere la
tesi e, credetemi, non avevo minimamente idea di quello che stavo
dicendo. La mia parlantina dei giorni migliore è venuta a salvarmi
e mentre parlavo ci credevo davvero. Insomma ne avevo davvero di
bendonde. Ma il dramma è sempre dietro l'angolo. E se aver sgamato
che al professore avevo fatto una delle mie interviste approfondite
vi sembra abbastanza, questo, inaspettatamente decide di
interrompermi e farmi una domanda. Quella più temuta. Quella che più
speravo non mi facessero. “Mi parli del bilancio d'esercizio”.
Ahhhhh. Volevo urlare, fare una coreografia di Osvaldo Supino,
strapparmi i capelli e farmeli ritrapiantare. Insomma, io davvero lo
ignoravo con tutto me stesso.
E per la prima volta ho
seguito il consiglio di mia madre. Ovvero ho detto la verità.
“Professore, sinceramente non avevo previsto di approfondire la mia
discussione sul bilancio, poiché si tratta di un'argomento talmente
specifico e fuori dalle mie corde che è meglio non addrentarcisi.
Però il bilancio si confà di tutti quei documenti che accertano la
vita aziendale, lo stato patrimoniale, il conto economico e tutti i
documenti che formano la nota integrativa. Rispettando i principi di
chiarezza, verità.... E... E... E.... MMMMMMmmmmm. (Pezzo di merda
aiutami, ne abbiamo anche già fatte di bendonde, aiutami,
aiutamiii))))...”
“Vabbene, vabbene. E'
stato esaustivo. Si può accomodare”. E grazie al cielo, penso. Mi
alzo e mi accomodo fuori e attendo che ci richiamino per consegnarci
l'attestato. Finalmente. Finita la manfrina della consegna, saluto i
presenti e guadagno l'uscita con una sigaretta già in bocca. Quando
vengo raggiunto da una mano che mi afferra la spalla. Ed è proprio
il mio professore. “Complimenti, hai scritto una bella tesi”. Io,
quasi a morire di vergogna rispondo vagamente: “Grazie, ma non è
merito solo mio, ho avuto tanti colleghi e persone che lavorano con
me che mi hanno aiutato...” Pausa. Pausa. Pausa. Rompo il silenzio,
e mi viene in mente di fare una domanda idioterrima: “Bè tu come
stai, come va?” e lui con un sorriso a trecento denti “Bene, il
mese prossimo mi sposo, con la mia ragazza!”.
Bene. Annabelle is back.
E le sue perenni figure di merda. Anche il giorno della laurea.
Secondo voi cosa potevo aggiungere a quell'affermazione? Nulla. Mi
sono girato e sono fuggito. Come se non ci fosse un domani.