venerdì 22 luglio 2011

La figura di merda definitiva


Di solito penso una cosa e la faccio. Ma ieri il telefono è stato più veloce del mio pensiero. Dall’altra parte della città infatti, un mio conoscente, per tutti voi l’ingegnere Corelli, un ingegnere vagamente somigliante a Nicolas Cage con un gran bel mandolino, mi chiama e mi chiede quali programmi avessi per il pomeriggio. Il mio unico programma era fare sesso. Ovviamente non sapevo ancora con chi. Ma l’ingegnere Corelli poteva andarmi più che bene. Anche se non avrei dovuto accordargli un’incontro visto che sinceramente mi sarei aspettato un po’ più di considerazione da lui nell’ultimo periodo.

Ma è logico. Quando si è solo trombamici con incontri periodici è difficile superare il confine, ed andare oltre. Io non ho ancora capito come si fa a zompare questo gap. Ma sinceramente mi andava bene anche solo zompare e basta. E forse era quello che voleva anche lui. D’altronde perché doversi confrontare in una relazione quando ci si può solo vedersi e scopare. Comunque io al telefono mi sono tappato la bocca. La carne, oltre che tanta, è debole e la voglia oltre se me lo permettete è anche più fetente. Comunque non avevo voglia di fare tutti questi retro pensieri. Avevo solo voglia di fare sesso. Dell’ottimo sesso.

Dopo circa un oretta eccolo arrivare. E’ venuto persino con l’elmetto del cantiere in testa. Questa cosa mi ha fatto davvero molto ridere. L’ingegnere è famoso per farmi ogni volta una sorpresa diversa. Una volta si è messo uno slip commestibile. Si, giuro. E’ venuto con questo slippino rosa che sapeva di caramella gommosa alla fragola e il cambio per il post. Mi faceva ridere. E nonostante sapevo di andare incontro a un mal di pancia assicurato io me lo sono mangiato tutto lo slip. Insomma non solo. Ma l’ingegnere mi piace anche perché mi fa ridere. Mi prende in giro, con ironia. Riesce ad essere simpatico senza essere ridicolo facendomi ridere di gusto.

Una qualità che a me ha sempre colpito e interessato in uomo. Ogni volta che lo incontro poi mi rendo conto che si tratta di incontri unici. Dolci. Passionali. Insomma ci sa davvero fare. E anche ieri non è stato affatto da meno. Ci siamo dedicati per circa un’oretta ad assaggiarci. Mi piace quando lo fa. Oltre a baciarmi con passione. Mi mordicchia le labbra, le orecchie, il collo. Mi bacia. E poi passa a baciare tutto il resto. Io trovo che sia un modo estremamente dolce di approcciare. Perché se non ci si annusa prima come si fa a fare tutto il resto? Poi ovviamente questi bacini e morsetti mi fanno sentire sempre un brivido. E quando dico che lo fa dappertutto intendo davvero dappertutto.

Di li a poco siamo passati a fare anche tutto il resto. Insomma il menù, nonostante la fantasia e le intenzioni, è sempre quello. E dopo aver raggiunto entrambi la casa base abbiamo deciso di fare un bel bagno insieme. Nonostante lui sia altro un metro e novanta e a stento la mia vasca di bagno ci conteneva entrambi, siamo riusciti a mantenere questo rito. Che devo ammetterlo a me piace da morire. Tra l’altro quando facciamo il bagno insieme lui è sempre ricco e pieno di gesti carini verso il sottoscritto. Che so mi insapona. Mi massaggia. Mi bacia. Quanto mi piace. E con quelle enormi mani che si ritrova non ci vuole niente a passare da un massaggio a dell’ottimo sesso sotto la doccia.

Zac. E due. Insomma. Sfido chiunque a non rispondere al telefono quando vi chiama un tipo del genere. Dopo la seconda sotto la doccia, io ho fatto la buona padrona di casa. Come sempre. Anche se lui mi ha proibito di rivestirmi. “Mi piace vederti girare nudo.” Tra le varie e differenti richieste che mi fanno in passato questa mi è sembrata la più casta mai ricevuta. Detto, fatto. Insomma, in fondo gli piacevo. Per cui usciti dal bagno sono rimasto così com’ero. Nudo. Mi sono acceso una sigaretta e gli ho chiesto cosa volesse, se caffè o qualcosa di fresco. Lui ha scelto del the freddo al limone.

Abbiamo fatto quattro chiacchiere vaghe intervallate da baci e limoni pienamente soddisfacenti e poi si e congedato. Ha rimesso in testa l’elmetto giallo, preso le chiavi e lo accompagnato alla porta. Ciao, ciao. Il tempo di girarmi e fare per prendere le chiavi per chiudere la porta e suonano il campanello. “Avrà scordato qualcosa” dico tra me e me, e ancora nudo apro la porta. Proprio in quel preciso istante ho capito di essere incappato nella più grande figura di merda mai fatta prima. D’ora in poi tutte le altre figure che avevo fatto sarebbero state nulla pari a questa. Avevo creato un nuovo altissimo punteggio nella classifica delle figure di merda.

Se all’ingegnere piaceva che io girassi nudo per casa, avevo fatto anche di più. Ora ero nudo con la porta aperta, sul pianerottolo di casa, a piano terra. Ma davanti a me non c’era l’ingegnere che io credevo fosse tornato a prendere qualcosa che aveva scordato. Di fronte a me c’era un ragazzo sulla trentina non molto alto in giacca e cravatta, sudacchiato e con una borsa a tracolla. In una frazione di secondo durata una vita ho pensato tre cose: 1) Perché non hai usato lo spioncino, coglione! 2) E se arrivasse qualcuno e mi vedesse così oltre a lui? 3) Però, il mio pene sembra più grande di quello che è normalmente.

Pensieri spazzati via da lui che mi guarda, visibilmente sorpreso e sentenzia: “Ah però…”. Con il volto viola di vergogna e la necessità di porre a fine a quella clamorosa caduta di stile (!) chiudo la porta. Torno in camera da letto, ancora teatro del sesso con l’ingegnere e metto una canotta a strisce grigio e bianco e il di sotto del pigiama con le ancore che mi ha comprato mia madre (!!) e riapro la porta. Non chiedetemi per quale motivo io l’abbia fatto. Insomma forse ero meglio nudo. Con la testa bassa e la vergogna sulle gote ho farfugliato qualcosa. “Scusi, non pensavo fosse lei, insomma credevo fosse qualcun altro, altrimenti… Ecco… Non sono mica solito… Voglio dire, non apro mai la porta di casa nudo a chi non conosco… Cioè anche a chi conosco… Cioè… Ok. Mi dica”.

Forse era meglio stare zitti e ascoltare ciò che volevo. Si. Di gran lunga meglio. “Sono dell’Enel,” e sottolinea il cartellino appuntato sul petto con il dito medio, “cercavo l’intestatario dell’utenza. E’ lei?” No. Rispondo a gesti scuotendo la testa a destra e sinistra. “Suppongo che non viva qui con lei, vero?”. Rispondo di si. Senza emettere un suono. “Allora nulla. Non posso che ringraziarla e salutarla. Le auguro un buon pomeriggio e le consiglio di usare lo spioncino la prossima volta!”. Sorrido, amaro, ringrazio e saluto. Nonostante io chiuda la porta continua a sentirmi la faccia in fiamme per la vergogna. Si, credo di aver battuto il record delle figure di merda. E poi non ditemi che il dramma non è dietro l’angolo. O dietro le porte. Direi.

martedì 5 luglio 2011

L’importanza di avere un procuratore sessuale – Parte Seconda




Tornavo da una nottata di lavoro massacrante. Ero stanco. Ma non avevo sonno. Avevo solo una gran voglia di scopare. Avere dei sentimenti del genere di primo mattino dopo dieci ore di lavoro non sono affatto normali. Me ne rendo conto. Ma forse è anche per questo che faccio la differenze, diciamocelo. Torno a casa, accendo il pc, e su msn trovo l’invito del mio procuratore sessuale. “Alle 10 da me. Siamo in otto, se vieni anche tu. Ci sarà da divertirsi”. Rispondo che ci devo pensare, e che voglio solo sesso sicuro, vista la situazione. Mi risponde che se ci devo pensare per quel motivo allora non ci devo pensare e devo andare da lui. Ma che screanzato. Però rimango affascinato. Insomma avevo voglia. Eccome se ne avevo.


Però non era giusto mentire. Insomma quell’idea mi stuzzicava. Era sempre stata una mia fantasia. Ancora inappagata. Prendo tempo. Intanto mi doccio, e mentre mi fonavo il ciuffo decidevo concretamente di raggiungerli. Venti minuti più tardi, che in realtà mi sono sembrati molti di più visto che ho preso treno, metro e autobus arrivo sotto casa del mio procuratore. Entro in quest’appartamento enorme e finemente arredato, e trovo Arnaldo intento a bere un bicchiere d’acqua. Manda giù il sorso e rompe il silenzio: “Sei arrivato per primo. Vuoi mangiare qualcosa? Faccio un caffè?”.Mi sembra molto più carino e educato dell’ultima volta che lo visto. Comunque no, no, no e ancora no. Non mi va assolutamente niente.


Sono già eccitato e tutto si mischia ad un non so che di ansioso. Comincio a fare discorsi vaghi, lavoro, relazioni finite e mentre parlo la cucina si riempie. Siamo in sei. Gli altri “invitati” hanno tutti circa trent’anni e sono molto carini. Arnaldo interrompe un’interessantissima conversazione sul probabile terremoto che colpirà Roma l’undici maggio (è aprile ancora, ndr). Ci invita ad andare in salotto con una raccomandazione “Non mettetevi sul divano, è rotto. Rischiate di ritrovarmi con il culo a terra. Appoggiateci soltanto i vestiti!”. Mentre termina queste parole due sono già nudi, io mi sento un po’ fuori luogo a dire il vero. Ma quando ancora cercavo di comprendere come rompere il ghiaccio, questo si è rotto da solo.


Circondato da tre ragazzotti che mi agguantano a loro e intentiamo un’improbabile pomiciata a quattro. Con esiti positivi. Pazzeschi direi. E non mi è affatto dispiaciuto: lingue che si cibavano di me, insaziabili, a malapena mi lasciavano respirare. Ero circondato da mani che mi si aggrovigliano alla vita e mi tiravano verso di loro. Ero basito. In un secondo in due si sono messi a spogliarmi e a baciarmi ovunque. Poi hanno suonato alla porta. Ci siamo fermati tutti, di colpo, come se qualcuno avesse tolto la corrente. Ho potuto sentire i loro respiri agitati quasi all’unisono. Il procuratore è andato a fare gli onori di casa e altri cinque invitati si sono uniti a questo inusuale party. Di li a poco i movimenti si sono dimezzati quasi del tutto.


Ovunque mi girassi ero circondato da mani, lingue, braccia, gambe e altri arnesi di varia grandezza. Erano tutti tremendamente sexy, buttati uno sull’altro quasi. Si sono formate coppie, diventate poi troppie e anche quartetti. Ero avvolto dal calore dei loro corpi che cominciava a darmi una certa sicurezza nei movimenti da compiere, che diventavano sempre più fluidi nonostante il caos che manco al concerto di Lady GaGa. Ovviamente io avevo il mio preferito, Fabio. La mia stessa età e l’aspetto da bear ma non troppo. Con un bel fisico, e un giusto equilibrio nelle proporzioni. Mi baciava e si stringeva a me forte. Ero accoccolato su di lui e ci bisbigliavamo negli orecchi. Aveva un’aria dolce. Ma il campanello disturbava ancora quell’incontro.


Di nuovo tutti immobili come marionette. Arnaldo ha raggiunto il portone e poco dopo ci ha raggiunti di nuovo con un altro ragazzo. Bono da morì. Rasato, fisicato, pieno zeppo di tatuaggi, bono da strizzare le mutande dopo quattro nanosecondi. Si è unito anche lui. La cosa è durata per circa due ore. Senza freni. Ognuno ha dato libero sfogo alle proprie fantasie, con tutte le precauzioni e accortezze possibili. Fino a che non abbiamo raggiunto l’orgasmo. Quasi tutti insieme. Bè non scendo nei dettagli, ma la situazione era umidiccia. Molto. Di li a poco il fuoco si sarebbe spento, e lentamente ci saremmo iniziati a ricomporre. Io sono fuggito quasi subito e dietro di me ci è venuto anche quel Fabio lì.


Mi ha accompagnato persino alla metropolitana. Ci siamo ripromessi di vederci ancora. Non è ancora successo, e forse non accadrà mai. Dopo quella volta il mio procuratore mi ha invitato altre volte, ed ho sempre declinato gli inviti. Diciamo che per una volta mi è sembrato un po’ troppo. Sono dell’idea che bisogna fare quel che si vuole e che si debba poter provare tutto. Ma le esagerazioni estreme non vanno mai bene. Tutt’ora Arnaldo mi propone cose. Sempre stuzzicanti, si, ma non riesco ancora ad accettare. Insomma forse non è detto che io debba aver bisogno proprio di questo, non ancora per lo meno. Non vi sembra?



lunedì 4 luglio 2011

L’importanza di avere un procuratore sessuale – Parte Prima



Credo di avere un procuratore sessuale. Si. Dunque partiamo dal principio. Quando ero una ragazza di Prati, ovvero due anni fa oramai, ho conosciuto questo tipo al bar di Piazzale Clodio. Io avevo preso un caffè. Lui mi fissava. E poi ammiccava. Pelato, bel fisico, leggermente oltre i trentacinque un po’ più basso di me, ma in definitiva non male. Ma ero in un bar, ed erano le 10:30 del mattino, dettagli che non mi davano, ancora, alcun sensore di quello che sarebbe successo. Quella mattina andavo anche abbastanza di fretta poiché avevo ben tre case in zona da vedere. Per cui finito il caffè l’ho lasciato in quel bar. Ma quasi immediatamente mi sono reso conto che il tipo mi stava seguendo.

Ho ovviamente fatto il vago. Volevo vedere fino a che punto. E il punto lo ha messo egli stesso dopo circa venti minuti in cui mi seguiva per strada. Mi ha fermato con una sigaretta tra le dita: “Scusa, avresti da accendere?”. “Si certo” rispondo sempre più vago, ma in men che non si dica mi sono sentito in dovere di puntualizzare che se c’era una stalker, sicuramente, ero io: “Certo che a quanto a fantasia siam messi proprio bene, è da almeno tre ore che mi segui, non hai avuto modo di elaborare niente di meglio? Suppongo che hai qualche curiosità?”. Si. Ho letto il panico nei suoi occhi. Panico e sgomento. Sicuramente non si aspettava una risposta del genere. E infatti si è fatto subito rosso in faccia, e una testa pelata tutta rossa è sicuramente più appariscente di un normale imbarazzo.

Dopo qualche secondo per capire dov’era e cosa stava facendo ha rotto ogni indugio: “Bè se la metti su questo piano, dal momento che ti ho visto mi è venuto duro, e pensavo ad una scusa per invitarti da me, visto che abito qui nei paraggi”. Apperò. Al Principe è caduta la corona. Ma come è possibile che esistono persone che ti abbordano così. Insomma offrimi un succo di frutta alla banana con un cubetto di ghiaccio e un’idea di latte (il mio preferito) e fammi fare quattro risate. Fammi capire che ti piaccio in un modo più carino e poi forse un giro di svalalalasss ce lo facciamo pure. Ma fine a che punto siamo arrivati? E come ci siamo arrivati, soprattutto? Avevo deciso di tirarmela, e non poco. Perché mi rodeva il culo.

Perché ancora trovavo una casa sufficientemente economica e decente. Per cui, avevo deciso, che lui avrebbe pagato per tutti gli altri: “Ti ringrazio per l’invito ma oggi ho troppo da fare, magari un’altra volta, con un invito diverso anche, ovvio che mi fa piacere se ti è venuto duro, però ecco avevo in mente qualcos’altro…”. Ottimo. Si. Equilibrato ma non acido. Il giusto compromesso. E lui: “Bè, ho capito, forse sono stato un po’ inopportuno. Posso chiederti il numero, magari ci sentiamo con più calma?”. Solo un po’ inopportuno? Io direi tanto. Ma non è questo il punto. “No guarda non credo sia il caso, poi, ecco, ultimamente mi sento con una persona e non mi va. Semplicemente”. Bè sono stato anche fin troppo diplomatico, penso. Ma lui insiste.

“Ah e che problema c’è? Io anche sono fidanzato!”. Senza vergogna. Ero quasi pronto a una mega venduta di pesce per strada. Pronto a far girare i pedoni e a far fermare le macchine. Pronto a cantargliene quattro sul come si sia permesso di rompermi le palle, e sul “piccolo” dettaglio che riguardava il suo fidanzato. Quando lui mi interrompe, di nuovo, con una domanda a trabocchetto: “Dammi almeno il tuo contatto msn, e facciamo due chiacchiere lì, così tanto per conoscerci”. Decido, per cui, di volermelo togliere di mezzo con il contatto e fuggire nella direzione opposta per seminarlo definitivamente. Ripromettendomi di non accettarlo mai tra i miei contatti per nulla al mondo. Lo saluto e mi congedo. Addio.

Sei mesi dopo. Una caldissima domenica di agosto, mentre mi infilavo ghiaccio nelle mutande per sopravvivere al caldo tropicale della capitale ricevo una notifica su msn: “Arnaldo (nome di fantasia inventato per l’occasione) vuole aggiungerti ai suoi contatti”. E chi straminchia è, adesso, Arnaldo??? Vabbè accetto. Comincio a parlare del più e del meno con tale Arnaldo, che mi dice di amare gli animale e di avere un cucciolo di fox terrier, che abita a Prati e fa il commesso in un negozio di animali. Che dolce, penso, ama gli animali. Gli chiedo dove abbiamo scambiato il contatto, e mi racconta di una giornata fredda ma soleggiata di metà febbraio, in cui in un bar di Piazzale Clodio gli è venuto duro mentre mi guardava bere un caffè. E figuriamoci se avessi preso un cappuccino!

Immediatamente il cervello mi ha fatto clac. Ed ho ricollegato l’essere in questione. Ma da quel giorno afoso ci sono state solo chiacchiere. Fino a quando capita l’antifona ha cominciato a introdurmi ai suoi amici. Bè ottimi amici, direi. I migliori. Una serie di toroni ignoranti che ne avevano davvero di bendonde. Personaggi rupestri, e dediti alla palestra e al rimorchio. E mentre io accettavo contatti su msn, lui poco a poco diveniva, senza che io lo volessi a dire il vero, una sorta di procuratore sessuale. Il tempo poi è volato, e in quasi due anni di planning organizzati per vederci alla fine l’ho sempre solato. Fino a quando lo scorso aprile, complice la mia solita isteria per un interesse non corrisposto, ho mollato la presa. Gli ho finalmente accordato un incontro.

Tutto il resto però ve lo racconto nel prossimo post, solo ed esclusivamente perché devo cominciare a scrivere post più brevi, e forse, è proprio il caso che io cominci proprio oggi, si si si! ;)