“Niente,
mamma”
“Non
mi dire bugie. C’è qualche problema”
…
“Oh.
Ci sei?”
“Mamma
non ho fatto niente. Sono solo scazzato”
“Hai
questo tono di voce da quando sei tornato da Milano. Che c’è che non va?”
“Niente.
Non ho fatto niente”.
“Vabbè
questo weekend veniamo a Roma.”
“Mamma
se vuoi venire per farti un giro, non ci sono problemi. Ma non mettere le mani
avanti. Non ho problemi, va tutto come sempre. Sono solo un po’ scazzato. E tu
stai contribuendo. Ok? Ora scusa, ma sono a lavoro. Ciao”.
Mi
sembra chiaro che non sia necessario aggiungere altro. Mia madre ha il fiuto di
un cane da tartufi, e non passa occasione per farmelo presente. Quando ero a
casa le nostre conversazioni non andavano oltre il “Che hai fatto?”. Per tutti
gli anni dell’università io non ho mai risposto più di tanto. Anche perché uscivo
la mattina alle 6 e tornavo la sera per cena. E poi dormivo. Per quasi tre anni
e mezzo di università non ho fatto altro. Il sabato uscivo, quando non
lavoravo. A rivedermi oggi devo ammettere che sono stato anche un figlio
modello. Nonostante tutto non ho pesato chissà quanto.
Ricordo
la rabbia con cui mi scagliavo contro di lei. E appena finivo di vomitarle
addosso la mia rabbia mi pentivo e anche subito. Mio padre invece era sempre
stato esonerato da tutto ciò. Due infarti e quattro bypass coronarici sono
sempre stati utili ad evitargli le mie nevrosi. E’ tutt’ora principalmente
questo il motivo per cui non ho ancora fatto coming out a casa. La paura che
mio padre possa sentirsi male. Poi, dopo la laurea tutto è cambiato. I miei si
sono rilassati. Io mi sono rilassato. Per un po’ me la sono goduto. Il primo di
tutta la famiglia che si laureava. Pensate un po’.
Poi
dopo una settimana ho fatto fagotto e mi sono trasferito a Roma. Di lì a poco i
nostri rapporti sono inesorabilmente cambiati. I miei mi ascoltavano. Mi
rendevano partecipe di problemi, e decisioni che prima non mi sfioravano
neanche lontanamente. E lì ho iniziato poco a poco a rendermi conto di quanto
fossi importante, nonostante la mia assenza. Il 2007 è stato il mio anno più
felice. Per tanti motivi. Da lì la teoria che io ho un anno buono ogni sette
anni. Per cui il prossimo dovrebbe essere più o meno il 2015. Che culo è. Che
teoricamente neanche ci sarà se i maya ci hanno azzeccato.
Scusate
mangio un oro ciok. Da quando il Pim li ha messi super scontati è davvero la
fine. Non mi ricordo il senso di tutta questa lunghissima e sdolcinata introduzione
sinceramente. Ma forse neanche vi interesserà. Ah ci sono. In realtà quello che
volevo sottolineare è il cambiamento. Tutti cambiano. Fisicamente. E
sicuramente anche caratterialmente in qualche modo ci evolviamo. L’essere umano
si adatta. Si evolve. Il mio tarlo nel cervello è proprio questo: io mi sono
evoluto? Io mi sono adattato?
Le
risposte che mi sovvengono sono NO. E ancora NO. Anzi invece di farmi forte,
credo di essere ancora più fragile e vulnerabile di qualche tempo fa. Sono aumentate le paranoie. Le crisi. Le
voglie. E nonostante due psicologhe (naturalmente fatte fuori perché ho litigato
anche con loro) sono sempre più convinto che sono sempre di più la persona
sbagliata nel posto sbagliato. Lentamente mi sto spegnendo. E non sto facendo
niente per evitarlo. Cerco di tirare avanti e far finta che quello che mi
succede (per lo più niente, basta contare i post) in realtà non accada davvero.
Ma non è così. E lo so da me.
In
realtà, mi sto lentamente e inesorabilmente riempiendo di acido. Cosa comune
che accade a tantissimi gay. A me accade anche prima del previsto. Eh si. Mi
duole ammetterlo. Ma è così. Una volta mi svegliavo felice. Anche se ero lo
stesso identico sfigato che sono oggi. La differenza è che oggi mi sveglio
triste. E forse io ho capito dove sta l’inghippo. Mi sono chiuso. Troppo. E mi
sono chiuso anche a me stesso. Sono arrivato al punto di sentirmi talmente solo
che evito persino di parlare. E ad alcune persone a me vicine non riesco
proprio a far capire i miei pensieri/sentimenti/scazzi.
Le
persone con le quali riesco ad essere totalmente me stesso si riducono a non
più di due. E ciò non mi aiuta. Per niente proprio. Se ci mettiamo che una di
queste vive a chilometri da qui (207 per l’esattezza) il quadro è più che
completo. E nonostante viviamo nell’era della comunicazione telematica sto
pensando seriamente che faccialibro, e anche twitter non aiutano. Anzi. Mi
destabilizzano ancora di più. Non penso sia normale incazzarsi come una iena
per ciò che non ti viene scritto da qualcuno su twitter. Ma forse è anche per
questo che non sto bene.
Vivo
perennemente in attesa di qualcosa, che non accade. E invece che andare oltre,
mi deprimo e chiudo. Chiudo sempre di più. Il problema reale sapete qual è? Se
inizi a fingere che va tutto bene, quando invece dentro stai davvero male e
prenderesti a capocciate qualsiasi muro nel raggio di 20 cm, e non sfoghi mai,
dove stracazzo vai a finire? Io non lo so dove sto andando. Ma so dove non
voglio arrivare. Però non posso neanche fingere a me stesso. Qual è la
conclusione? Non c’è, per ora. Metto un punto e nel prossimo post vi racconto,
spero, qualcosa di più allegro.
Perché
se continuiamo così, più che il Pisello Odoroso, finisce che il Pisello si
smoscia, ed io manco a dirlo mi so smosciato già. E non so vuoi ma io ho voglia
di ciliegie. Cosa c’entrano le ciliegie? Non lo so, ma le ciliegie sono come i
cattivi pensieri, uno tira l’altro. Ecco.