giovedì 21 agosto 2014

Avviso!










Volevo attenzionare tutti gli affezionatissimi lettori che il blog non è morto, si è solo trasferito. Basta digitare http://www.ilpiselloodoroso.com ed entrare nel blog. Altrimenti direttamente a http://ilpisellodoroso.wordpress.com !!!!
Così adesso siete avvertiti!!!

Love
AB

martedì 22 aprile 2014

L'Omeostasi


Mi sono accorto che il farmaco stava facendo effetto nel momento in cui inserito l’ago in vena una sensazione di sollievo si è palesata dentro di me. Il nostro corpo, più di ogni altra cosa, ha la capacità di raggiungere l’omeostasi, ovvero attraverso meccanismi chimico-fisici raggiunge la stabilità interiore. Rifletto su questo concetto da un paio di giorni. Dal giorno in cui con la coda fra le gambe e la dignità sotto le suole sono fuggito a casa dai miei. “Codardo” penso quando la mia immagine fa capolino in qualche specchio. Ed in casa dei miei gli specchi sono pressoché ovunque.

Ma ripenso all’omeostasi. Un concetto che durante i miei studi mi ha sempre affascinato. E’ l’unica cosa che mi sia stata chiara  quando preparavo il difficilissimo esame di Fisiologia. Assieme al ciclo cardiaco. Ovviamente. La tendenza naturale al raggiungere una stabilità interna delle proprietà chimico-fisiche comune a tutti gli organismi viventi, per i quali questo stato tende a mantenersi nel tempo, attraverso dei precisi meccanismi autoregolatori. Una cosa che detta così appare molto semplice. In realtà avviene per diverse e complicatissime reazioni. A me sconosciute.

Questo concetto non mi è mai appartenuto, nonostante io sia oramai da quasi trentuno anni vivente. Ora più che mai avverto il disagio della mancanza. Ecco, sarebbe semplice se ciò che non c’è,  attraverso la connessione ad un sistema di fleboclisi, possa essere inoculato in noi e renderci all’istante in totale equilibrio. Ma è stranoto che più una cosa sia voluta e più questa tarda ad arrivare. Non a caso il concetto di equilibrio è ancora più importante. Tempo fa avevo la fissa di chiedermi ripetutamente perché fossi qui. E quale fosse il mio obiettivo.

Mio malgrado ho sempre dovuto fare i conti col dover giustificare il perché delle cose. Prima ai miei. Poi per un difetto ho cominciato ad esagerare, ed ora faccio cose che poi devo giustificare a me stesso. Sprazzi di lucidità che si intervallano a momenti di pura follia. Un momento sei Annabelle e il momento dopo no. Con tutto ciò che ne compete. Faccio fatica a cambiare me stesso per paura. E’ sempre stata la paura che mi ha regolato il livello di sopravvivenza alle cose, di ogni genere. Dalle più brutte alle più belle. Una perenne pressione che si è tradotta nel tempo con sigarette, mal di stomaco ed emicranie devastante. E l’insonnia.

Un residuo di ciò che un essere umano può essere. E neanche la sua parte migliore. Così la mancanza mi ha distrutto. Mi ha lacerato dentro fino a quando non sono stato più capace di riconoscere il dolore. L’intensità del dolore è una variabile che ci permette di capire se quello che sta accadendo ci sta facendo male o meno. Se ci sta uccidendo.  Variabile che mi è sfuggita al controllo. Soprattutto quando di notte mi svegliavo sudato, o strano e senza voce perché avevo urlato come un pazzo fino a qualche secondo primo. E se nell’obnubilamento del sonno qualcuno mi stava uccidendo, appena sgranavo gli occhi mi preoccupavo del significato che potesse avere quello che avevo visto. Semmai fosse stato vero.

In realtà, poco dopo me ne scordavo, e per sopperire alla noia del silenzio della notte, intervallato dal preciso e sempre uguale ticchettio dell’orologio appoggiato sulla cassettiera della camera da letto, preferivo distrarmi con uno dei nove libri appoggiati sulla scrivania che ancora attendevano di essere letti. Invano. Quella tecnica, che molte altre volte prima mi aveva regalato un sonno tranquillo, in realtà aveva smesso di funzionare. La certezza di riaddormentarmi svaniva, e perso l’interesse per il libro passavo a contare i rintocchi che la lancetta dei secondi compiva durante la sua inarrestabile corsa.

Senza, ovviamente riuscire a trovare pace. Così di li a poco attendevo l’arrivo del giorno, e mi alzavo diretto verso il bagno e poco dopo verso la cucina, per la colazione. Niente però mi aveva tranquillizzato. Niente aveva ristabilito l’omeostasi. L’equilibrio. Ho interrogato anche un medico a riguardo, ma non siamo riusciti ad andare oltre la prescrizione di inutili fiori di Bach. Non dormivo. E il risultato più drammatico erano delle occhiaie nere sotto gli occhi che di giorno in giorno apparivano sempre più marcate.

Nel mio essere scostante in tutto ho iniziato a capire, poco a poco di quanto fosse importante avere una giornata il più stancante possibile, che mi avrebbe permesso così, di notte, di riposare. Invece nulla. Niente di tutto questo. La discontinuità dei miei intenti si era rivelata ancora, in maniera più sonora, una stupidaggine ed io non facevo altro che perdere tempo. Bighellonare tra un social e l’altro, o peggio, alla ricerca di qualcuno con cui passare qualche ora. Dando il sesso come soluzione a questo intrigato e complesso rompicapo di cui non venivo a capo. Di cui non vengo a capo.


Accettare l’eventualità di non dormire, in realtà, si stava rivelando molto più utile. Occuparmi dell’insonnia metteva tutto il resto  in secondo piano: i miei pensieri, i miei comportamenti e le mie mancanze. Ed i miei equilibri mai raggiunti. In perenne deficit. Contrasti forti che non si compensano mai. Uno stato di necessità che si alimenta, e che inevitabilmente mi rende in ogni momento inadeguato. Mai pensieri furono più lucidi. E soprattutto così facendo ho capito che l’omeostasi non la raggiungerò mai, o tutt’al più l’ho raggiunta, ma ancora non l’ho capito.  

martedì 8 aprile 2014

Spring Awakening


Mi rendo conto che è sempre più difficile capire l'utilità di questo blog. Soprattutto perchè in realtà l'ultima volta che ci ho scritto era pieno inverno. Idealmente, però, nella mia testa non ho mai smesso di condividere i miei drammi e le mie indecisioni su quanto mi succede. L'ho sempre fatto su twitter o instagram. (Bel modo per inserire dei link social.) In realtà però c'è stato un momento in particolare in cui il mio torbido e difficoltoso sonno invernale è cessato. Di colpo. Era il 31 marzo, il sole mi abbagliava in via del Corso ed io ho capito la necessità di riprendere le redini di me stesso.

Si perchè per mesi ho avuto l'impressione che il mio non fosse più un corpo, ma bensì una carcassa inanimata e senza un minimo di emozioni. Proprio le emozioni, a me care, erano andate a farsi friggere. Questo perchè ho chiuso tutto. Ho chiuso la voglia di emozionarmi chissà dove dentro di me. Con la certezza che oramai il mio tempo era passato. Che il mio treno fosse partito, senza di me. Forse questa è una delle considerazioni più lucide di quanto ho passato negli ultimi tempi che io abbia mai fatto. Ma la malattia è curabile solo se il sintomo è riconoscibile. E una volta eseguita la corretta terapia, il virus muore. La malattia viene debellata. Si guarisce.

Il dolore sparisce. Passi semplice. Consecutivi, ed indispensabili per andare avanti. Dare un nome, è superfluo, voglio farmi guidare dalle sensazioni, da ciò che provo. Mi sono consolato, mi sono ritrovato e mi  sono capito. Perchè fino a poco tempo fa non mi capivo neanche più. Piccoli passi. Necessari. Indispensabili. Si, ancora una volta questa parola. Non è un caso se la scrivo di nuovo. Il mio unico problema per tutto questo tempo è stato essere indispensabile per qualcosa. Non perchè lo fossi. Perchè io lo volevo. Al lavoro. Ai miei amici. Alla mia famiglia. A chi mi circondava. A me stesso. Al ragazzo che mi piace da sempre. Si. In ogni ambito della mia vita ho applicato questa mortale espressione. E non avevo mai alcun risultato.

Mai. Quindi ho capito. Ho smesso, quando poi le circostanze non mi hanno permesso di essere indispensabile fisicamente, e il risultato non era un disastro. No. Semplicemente sono stato sostituito. In maniera indolore. Come se nulla fosse. Come se mai fossi esistito. Ecco, tristemente, mi sono arreso alle circostanze, che erano chiare. Eloquenti. Più di quanto io non volessi accettare. E dovevo farla finita. Subito. E così ho smesso. Sono sempre stato uno che da l'impressione di essere stupido. Ottuso. In realtà mi sono sempre voluto poco bene. Da sempre. E non ho mai mosso un dito per volermene un po' di più.

Fino ad oggi. Perchè in fondo se cresciamo e riceviamo batoste dalla vita, è anche bello saper capirne il significato. E rinascere. Ancora. E meglio, si spera. A settembre avevo puntato tutto sulla speranza. Infatti rieccola. Riesce in queste righe, e riappare nella mia testa. Non mi ci affido perchè disperato, bensì perchè fiducioso. Fiducioso che le cose migliorino e che finalmente un sorriso si poggi anche sulla mia faccia. E che sia vero. Perchè ultimamente non trovavo più utile sorridere. Me lo dovevo. E lo dovevo al Pisello Odoroso. E anche un po' ad Annabelle. E a Fabrizio. Che poi paga tutto. E senza sconti.

E poi per piacere, è tornata Anastacia, volete che non ritorni io.
Eccomi.

lunedì 10 febbraio 2014

Buon compleanno Blog!



Il primo post su questo blog risale esattamente a cinque anni fa. Ne sono seguiti 197. Post in cui ho deciso di raccontare in prima persona il bello e il brutto di essere gay. Cinque anni fa non avrei naturalmente mai immaginato che questo blog potesse diventare in primis una valvola di sfogo per me, nel senso più terapeutico del termine, ma anche per tanti che lo hanno letto nel tempo. E che mi hanno scritto. Ho ricevuto una valanga di mail, mi avete fatto complimenti, condiviso i vostri problemi e anche insultato. Sono certo che nessuno ci abbia mai provato. Poco importa. In qualche modo c'è stata un'evoluzione, e anche  io sono cambiato. Molto. Ma forse la società, quella ancora non cambia. Per questo per celebrare il compleanno numero 5, ho scelto di mettere questo video. E di non aggiungere altro, perchè in fondo forse le parole non bastano più. Ci vogliono i fatti.
Auguri blog.


venerdì 10 gennaio 2014

Gli Improbabili Appuntamenti di Annabelle Bronstein - Il Giornalista telefonico e il non-primo-appuntamento


Quando si esce da una storia la prima cosa di cui hai bisogno è di affermare di nuovo te stesso. E' un processo comune a tutti. Avviene nei modi più diversi: shopping o taglio di capelli o rimorchiarsi chiunque capiti a tiro. Ovviamente si possono fare una di queste cose singolarmente o addirittura tutte. In tempi diversi.  L'importante è farle però. Io dopo la rottura con il mio toy boy non ho potuto fare altro che provarci con chiunque, che, come tutti sapete, è una cosa che non faccio.

Tra questi mi sono ritrovato su una delle solite app gay, Bender mi sembra, a scambiare intense conversazioni con questo tizio. Trentaduenne pugliese trapiantato a Roma, giornalista, amante del cinema e dell'arte. Io ero anche abbastanza eccitato, a dire il vero per tutti questi interessi. E già ero li che mi immaginavo un devastante lieto fine. Abbiamo iniziato con la solita chattata di rito. Dopo tre giorni di chiacchiere via app siamo passati a telefonarci.

Al settimo giorno di telefonate frequenti e dettagliaterrime, abbiamo avuto la nostra prima telefonata con amplesso telefonico. Non me lo aspettavo. Non pensavo che dal parlare di quello che avevo fatto il pomeriggio a regalarmi un solitario condiviso al telefono il passo poteva essere così breve. Mi sembrava logico e scontato fissare un incontro. Insomma, cos'altro dovevamo aspettare? Il mio giornalista di cinema e cultura però tergiversava e sonoramente. Non mi tornavano i conti. 

Non mi tornavano soprattutto perchè aveva un livello di dolcezza inaudito e spropositato. Ogni volta mi tirava fuori una filippica di dieci minuti su quanto gli sarebbe piaciuto abbracciarmi, baciarmi, leccarmi ovunque. Su quanto gli piaceva fare l'amore. E ci teneva a sottolineare che lui faceva l'amore. Non faceva sesso. Il sesso era freddo, allontanava e per lui perdeva tutto di significato se non si usava la parola AMORE. Lui aveva avuto solo fidanzati. E quando sentiva che l'amore diventava sesso per lui era finita. Non c'era niente che lo faceva tornare indietro. 

L'ottavo giorno ero assolutamente deciso ad andare a segno. Ci sentiamo a pranzo e la telefonata assume dei toni surreali.
"Hey ciao come stai?" mi dice sensuale.
"Bene... Sono al lavoro... E' una giornata pesante qui!" dico serio.
"Io sono a pranzo con un mio amico. Nicolas... (Pausa, molto lunga)"
"E?" incalzo io.
"Nicolas Vaporidis, lo conosci?" dice lui.
"NO! Il nome non mi è nuovo, ma non so di chi parli... Dovrei conoscerlo???" (naturalmente sapevo assolutamente di chi stava parlando. Figuriamoci, ma non volevo dargli alcuna minima soddisfazione. D'altronde mica solo lui conosce gente che conta. Io conosco Fabry, e pure il Signor Ponza. Tiè)
"No, figurati è solo un amico. Comunque sai cosa farei adesso? Adesso..." e riparte con dettagli scabrosi.
"Ehm. No scusa. Sono al lavoro. Mi dispiace ma quando sono al lavoro queste cose non si possono fare" dico fermo e irremovibile.
"Ok. Dai sentiamoci più tardi allora" chiude lui.

Io inevitabilmente ci ho visto del malato. Dopo otto giorni di assidue telefonate e what'sappate ad ogni ora non potevo assolutamente sopportare che ancora ci eravamo visti.Soprattutto perchè mi condiva il pomeriggio anche con dettagli del suo corpo. Interessanterrimi, per carità. Insomma, che senso aveva. Tanto più che abitavamo a pochissima distanza. Ma la prova del nove l'avrei avuta in serata. Io avevo deciso che in qualche modo ci saremmo visti, i dettagli gli avrei decisi al momento. Random. 

Dopo cena quella sera ci siamo sentiti. Dopo le chiacchiere di routine il giornalista è inevitabilmente andato a finire su quello che gli piace di più fare, ovvero lo sporcaccione telefonico. Io ragazzi, ho sbadigliato. Sapete com'è, tutte le mattine mi sveglio alle 5:50 e dopo una giornata devastante uno sbadiglio se lo potrà permettere. EINVECE il dramma si era celato dietro l'angolo. Fino a quel momento. Mi è arrivato uno sbrocco devastante peggio di una doccia fredda: "Scusa ma io ti sto dicendo di quanto ti vorrei vicino, di quanto vorrei abbracciarti, e di tutte le fantasie che vorrei condividere e tu mi sbadigli in faccia? Ma io non penso che sia possibile una cosa del genere" tuona lui tutto incazzato.

Io, che tento di minimizzare in modalità LEVATISUPERASAP. "Scusami, hai ragione, sono stato inopportuno e ineducato. Solo che a quest'ora mi viene un sonno devastante. Sai essendomi alzato praticamente all'albUUUAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHHH." SBADIGLIO. Ancora una volta. Ancora di più. Panico. "Oddio scusa, mi è uscito ancora" dico vergognandomi come un cane. Manco avessi ammazzato qualcuno. Parte lo sbrocco. Quello vero. "Ma che davero???!!!??? Ma io dico si fa una cosa del genere? Senti se non ti interessa niente forse è il caso di smetterla qui. A me le persone che si comportano in questa maniera non mi piacciono proprio." Sbluff. E chiude la conversazione.

Così. Neanche Il tempo di capirci qualcosa che lui mi aveva richiuso il telefono e probabilmente aveva già cancellato il mio numero. Per uno sbadiglio. Ho passato tre giorni a cercare di capire come mai mi aveva trattato in quella maniera barbara. Poi ho capito. Si trattava di un semplice maniaco telefonico. In questo caso giornalista edition. Ovvero uno a cui piace masturbarsi per telefono. La cosa più assurda è che qualche giorno dopo, sempre su Bender mi ha scritto un tipo, senza foto ma alla sua stessa distanza. E così nella mia testa mi si è insinuato il tarlo che era lui che mi stava mettendo alla prova.

Che cerchi? - mi scrive.
L'amore. L'amore vero. Quello con la A maiuscola. E una persona con cui condividerlo. Che non abbia paura del sesso. E che non si masturbi al telefono. 

Ovviamente dall'altro lato non mi ha risposto più nessuno. Tana per te!

giovedì 9 gennaio 2014

Lo stato attuale delle cose


Lo avete tolto l'albero? Le lucine dal balcone? La ghirlanda dalla porta? Ecco, questo suggerisce che le feste sono finalmente finite. Che possiamo piantarla di fare i buoni. Di sorridere a chiunque. E di amare lo stare insieme solo perché si e parenti di non so quale grado. Io odio le feste, e in altre occasioni ho sempre chiarito la mia posizione in merito. Per questo mi sono scelto un lavoro che impone di lavorare alle feste. Anche se adesso, mio malgrado non mi fanno lavorare neanche più. Il buonismo che accumulo sotto il periodo natalizio, inevitabilmente lo butto fuori. Ora. In questo periodo.

E, contestualmente, butto giù gli obiettivi dell'anno. Si perché sinceramente i buoni propositi non mi sono mai piaciuti. Li trovo addirittura patetici. Che senso ha fare i buoni propositi a fine anno quando poi in realtà siamo noi a decidere come vogliamo comportarci. Ad inizio anno io preferisco chiarire quello che mi succede intorno. Per fare mente locale. E non c'è niente che mi fa pensare positivo.

#lavoro
Ogni giorno maledico di aver rifiutato un posto pubblico, oramai sei anni fa. Ogni giorno mi mangerei i gomiti. Ogni giorno mi ritrovo a dover contare fino a mille quando in realtà vorrei urlare e buttare via tutto quello che ho in mano (e chiunque mi capiti a tiro nel giro di un metro cubo) perché sono piena. Insoddisfatto. Mi ritrovo a lavorare con persone poco professionali e a cui del lavoro che fanno non importa un fico secco. Passano le loro giornate a sparlare di quello e di quell'altra per poi dimenticare il motivo per cui sono lì, ovvero, LAVORARE. #piena

#l'amore
Ecco. Cosa dovrei dire sull'amore? Quando mi frequento con qualcuno divento serio. Preciso. Non lascio nulla al caso e pretendo serietà e rispetto. Sono una Signora bacchettona della metà degli anni '50 con una perenne voglia di cazzo. Divento sicuro e tranquillo. E questo diventa inevitabilmente motivo di fuga o di dovermi mettere le corna con chiunque passi di li a tiro (vedi post precedente). 

#ilsesso
Sono davvero sorpreso di doverlo pensare. Ma anche farsi una sana scopata sta diventando seriamente complicato. Ogni volta mi trovo davanti qualcuno che vuole fare il contrario di quello che voglio io. Se non posso ospitare lui non può ospitare sicuramente. Se non posso uscire lui vuole che io lo raggiunga. Quando ho casa libera, invece, nessuno che voglia venire. Nessuno poi che si prenda la briga di metterci un po' di passione. Quella vera. Quella che fa volare le parrucche. Niente. Macchinosi e mezzi morti sono lì che aspettano che io faccia tutto. Ma datevi una cazzo di svegliata #SuperASAP

#Gnoffolo
Niente Gnoffolo non ne vuole affatto sapere di me. Al momento sta postando foto in viaggio insieme ad un tipo molto carino. Non vuole affatto saperne di uscire con me. Fa il vago. E quando qualcuno fa il vago vuol dire semplicemente che non gliene può altamente fregare. Ma sto già elaborando un piano, e questa volta, non è stalking signori miei.

Questo post idealmente è la seconda parte di #2014. Ora che ho messo i punti (e gli hashtag) vi alletto con un'imperdibile e libidinoso, ed inaspettatamente sessuale post orgiastico. #staytuned