domenica 14 febbraio 2010

Valentino must die




L’unico San Valentino che io abbia mai festeggiato è quello di qualche anni fa. Tipo una decina. A cena c’era tutto. C’erano i fiori, il peluche e i cioccolatini. Sono passato a prenderla e ci siamo visti con un’altra coppia per andare a cena. Poi a casa di un amico a vedere un film. Ovviamente sapevo di essere una checca. E probabilmente lo sapevano anche tutti gli altri. Tra me e la mia compagna di quella sera non c’era amore. Amicizia si. E tanta. Che dura tutt’ora. Ma quello che mi rimane in testa, e la felicità che abbiamo provato tutti quella sera. La tranquillità. Gli sguardi complici, e sorridenti. Sarò banale, ma per me quello è il tipico San Valentino. Con quello spirito. Con quel mood. Con tutte quelle accortezze e carinerie.


Il tempo è passato. Io mi sono emancipato, e San Valentino oggi è diventato quello che tutti conosciamo, per lo più una festa dove bisogna dar via gadget di ogni tipo e vendere il prodotto San Valentino anche nei ristoranti e nelle discoteche e via discorrendo. Io sono triste. Questo periodo dell’anno divento immediatamente triste. Ogni anno, con l’arrivo di questo giorno io mi spengo. Mi deprimo. Penso. Rimugino su pensieri e parole. Le peso e soppeso. Sto attento. Perché nel sottile gioco dell’amore, che oramai corre sulla rete, ma anche sulle bocche della gente, basta un piccolo errore e si finisce sulla graticola. Ma non quella che mi potrebbe preparare qualche mio aguzzino, no, quella che mi preparo da solo perché passo al setaccio me stesso e mi giudico e mi tagliuzzo il cervello per capire dove e come e soprattutto perché ho sbagliato.


Affrontare tutto ciò ovviamente non è semplice. E’ per questo motivo che ieri sera, dopo avere chiarito una situazione scomoda con la Burina, e aver fatto baruffa con Guy e sbroccato con Imogeon Heap perché ci solava e se ne tornava a casa, io ho visto la soluzione per non mandare tutto a puttane in quella bottiglia di vino che era adagiata là sul tavolo. E mi faceva ciao con la manina. Detto, fatto; poco dopo ero già nell’antico ma sempre nuovo mood dello stato di ebbrezza. Stato inattivo da troppi giorni, e raggiunti da Ga e Tata siamo andati al Rising Love per Le Grand Bordel. E devo ammettere che anche senza una maschera, bè io adoro proprio i bordelli. Direi quasi che un bordello non si definisce tale senza Annabelle Bronstein.


Fatto per circa un’ora il giro in macchina per il parcheggio, un’altra mezz’ora di fila per entrare ce ne sarebbe voluta un’altra ancora per lasciare i cappotti, abbiamo deciso di abbandonarli dietro un divanetto ci siamo buttati nelle danze e nei drinks. Una marea. Ogni volta che mi giravo c’era qualcuno pronto a mettermi in mano un bicchiere. Anche se avrei preferito che mi ci avessero messo ben altro. Ma insomma, non si può avere tutto e subito. In un batter d’occhio mi sono ritrovato Sushi e Juls, che non vedevo da un millennio. Mi sono ritrovato anche l’Infermiere Veterinario e il suo fido assistente Watson. Erano tutti lì che se lo schekeravano con dell’alcool tra le mani. Persino Stella, la barmade mi ha regalato un drink.


Ma secondo me si era fatta tradire dall’occhio languido della Burina. Che a quanto pare conquista pure le donne. Pensa te. Comunque in questo bordello di cocktail, di gente mascherata e non, io volevo solo pomiciare. Di nuovo. San Valentino arrivato e mi ricordava per l’ennesimo anno che io ero solo come un manico di scopa. Neanche a pensarlo che già mi sono ritrovato un paio di lingue dentro la bocca. Ovviamente questo è l’utilissimo apporto dell’alcool alle mie serate. Devo ammettere che tutto si è svolto abbastanza in fretta, e le uniche note positive sono che ho provato la slinguazza assassina sul piercing dell’Infermiere Veterinario. Ma questo non ha sorbito l’effetto sperato. Lui si tiene, cerca in tutti i modi di far finta di non essere attratto da me.


Ma ci vuole ancora del tempo. Finché non mi stufo però. Appurato che oltre gli slingua party che c’erano già stati, e finiti negli obbiettivi dei fotografi che contavano potevo finalmente tornarcene a casa. Ma il dramma è dietro l’angolo. E Roma, si sa è piena di angoli. Dal tragitto Rinsing macchina mi sono schiarito le idee con la Burina, per diverse certe spinose situazioni e pare averle risolte. Ma una volta accompagnati tutti a casa, be il confronto più duro cè stato con Ga. Perché Ga, ha sempre ragione. Sa sempre quello che deve dire, e il modo. E ci è riuscito benissimo. Ha perfettamente riassunto tutto il succo della questione in poche ma importantissime parole. “Piantala. Adesso piantala”. E lui, e io e anche Ga, Tata, la Burina sappiamo benissimo che si, dovrei piantarla.


E ovviamente varcata la porta di casa io ho iniziato il mio via-vai letto-tazza del cesso-letto-tazza del cesso. Bè, devo ammetterlo avevo solo bisogno di abbracciare qualcuno. O qualcosa. E devo ammettere che sono riuscito nell’intento. L’oggetto delle conversazioni di cui sopra, rimarrà segreto, fino a che mi stuferò, perché arriverà anche il momento in cui prenderò di petto un’altra situazione. Ma le cose vanno fatte con calma, per essere fatte bene. In definitiva credo che d’ora in poi odierò ancora di più San Valentino. Perché come tutte le cose che si celebrano dopo un po’ fanno l’acido. E non immaginate quanto acido ho fatto io questa notte. Non credo di dover sentire il bisogno di un giorno per celebrare l’amore.


Io lo voglio celebrare tutti i giorni. Ovviamente quando la materia prima arriverà. Lo so è un discorso abbastanza noto questo, ma è la realtà dei fatti. Non possiamo nasconderci dietro un dito, tutti vorremmo una persona accanto. Che ci ami, e che ce lo dimostri e che ci scopi, e che ci faccia sentire la persona più importante. A volte però è difficile capire gli intenti di ognuno di noi. I miei vengono fraintesi. Ma non è una novità. Io credo solo di sentirmi solo e molto abbattuto perché l’amore come io lo vorrei a quanto pare non c’è. E questo è si un dato di fatto. Un punto importante. Un po’ per me, e un po’ perché forse non è ancora il tempo. Ma io ci ho pensato anche fin troppo per oggi, tra un viaggio e l’altro verso il bagno. E direi che è davvero sufficiente. Almeno per oggi.


Ah, dimenticavo, buon San Valentino a tutti.

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