venerdì 4 novembre 2011

Un post devastante. Sotto ogni punto di vista, anche e soprattutto da quello grammaticale.



Avere un blog è terapeutico. Di solito. Forse per me è difficile anche questo. Devo premettere che questo post l’ho scritto tipo un mese e mezzo fa. E da allora è come se io fossi rimasto sospeso. Forse in attesa di prendere in considerazione l’eventualità di postarlo. Ed è l’unica cosa che ho avuto modo di scrivere. Insomma ve ne renderete conto alla fine. Comunque, quando passi tempo a rimuginare sul da farsi, e io nello specifico sono tipo da tre mesi e mezzo che rimugino. Ma non potevo permetterlo troppo, insomma avevo ben altro a cui pensare (vedi post precedente) e in soldoni non volevo proprio deprimermi per quello di cui non ho il coraggio di fare.

Bene, adesso, finalmente, posso. Preambolo, del preambolo, al quanto necessario. E’ dallo scorso 6 agosto, alle tre di notte per l’esattezza, quando dopo una twitter cena dove ho chiaramente dato il peggio di me, visto le presenze, e visto soprattutto che avevo un pizzico di ansia mista ad agitazione, che penso di voler fare questa cosa, ma ancora oggi non  mi sono deciso. E di solito sono una persona decisa. Di solito. Devo fare un’altra postilla. Mamma che casino questo post. Questa è una postilla necessaria. Sempre dopo quella twitter cena, oltre ad aver deciso di fare qualcosa (ve lo dico cosa, ci arriverò, prima o poi) avevo ancor prima deciso che forse lui non era così importante.

E che nonostante il tempo sia passato e volato via, insieme era volata via anche tutta la voglia di ficcargli la mia lingua in bocca. Ok. Non era vero niente. Ho mentito a me stesso. Ma forse più che dire una bugia stavo solo cercando di impartire un ordine al mio cervello. Si, c’è ancora. Ordine difficile da decodificare. Almeno per me. Ma adesso arrivo al dunque. A metà settembre, in ferie, lontano da Roma avevo quasi creduto di aver raggiunto una certa lucidità. Erravo ancora una volta. Parlando con Giulia mi sono ritrovato a vuotare il sacco: le cose finchè non le dici ad alta voce non sono vere. Ho deciso di invitarlo per un caffè. Ovviamente di contorno.

Motivo della convocazione provare a fargli capire che forse oltre al mio pessimo carattere, alla mia pigrizia e chiara assoluta pazzia bipolare in realtà c’è anche altro. C’è anche una persona un po’ più matura rispetto a tre/quattro anni fa, per esempio. Giulia ovviamente mi ha consigliato la cosa più difficile: scrivergli un messaggio e proporgli questo caffè, parlargli chiaramente ed essere sincero. “E se ti dovesse dire di no e ti ribadisce che non gliene frega un cazzo bè allora basta. Ma almeno hai tentato fino all’ultimo. Hai combattuto” ha concluso sicura. Le cose finchè non te lo dicono ad alta voce non sono vere. Bene, deciso il modo e i dettagli non mi restava che trovare coraggio e mandare questo benedetto messaggio.

Ma ahimè ancora non sono riuscito a trovarlo. Ne ho parlato anche con Guy, che prima era contrario a prescindere, ma dopo aver ben argomentato questa questione mi ha dato il suo ok, anche se era chiaro ad entrambi che stavo salendo su un aereo che si sarebbe andato sicuramente a schiantare. Ma oggi, (non oggi, parliamo di tipo due mesi fa) ho riaperto questo file ed ho richiamato la mia personalissima psicologa, con la quale avevo vagamente dimenticato di essermi lasciato in malo modo l’ultima volta. “Chi non muore”, esordisce come un’aspirina C nelle chiappe. Io mi agito. Vista anche la situazione. Mi scuso, anche se non mi ricordo il motivo del nostro litigio.

Le chiedo immediato consiglio sulla dura questione che ancora mi attanaglia. E lei, come se non ci fosse un domani, parte a manetta: “Io ti consiglierei di fare questo passo. Se sei arrivato a pensare di farlo forse inizi ad essere più concentrato sui tuoi desideri. A capire meglio le tue necessità e ad essere più sicuro di te stesso. Ma metti in conto anche che potrebbe andare male e il lavoro verrà dopo. Prenderne atto, coscienza e superarlo, finalmente. Insomma è da quel 2007 che tormenti te stesso e chi ti sta intorno con questa che non è stata neanche una storia. Questa sarà l’ultima possibilità. Poi si va oltre. Seriamente”. Fanculo. Fottutissimo fanculo. Prendo ancora tempo con la scusa che la prossima settimana comunque non avrei tempo.

Metto in stand-by il cervello, e chiedo a me stesso un po’ di tranquillità. Comunque non ho il coraggio di farlo. Ho paura. E se mi dicesse che non vuole incontrarmi, si alimenterebbe ancora di più la necessità di limonare con lui. Ne sono certo. E se mi dicesse si e poi mentre siamo lì mi dice di lasciar perdere? Le cose finchè non le senti con le tue orecchie non sono vere. Cerco di minimizzare, ma comunque la cosa mi terrorizza e non poco, e non riesco ancora a decidere. Neanche ora, neanche adesso. Vi inviterei a darmi consigli. Ma la paura fa pochi sconti, a me poi men che meno. Per ora vi invito stasera alla serata Popslut, e in realtà ho invitato anche lui, qualora venisse, magari trovassi il coraggio… Finchè non lo vedo con i miei occhi, non ci credo!

7 commenti:

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  3. mmm era così sconveniente la domanda? l'hai pure messo tra le etichette del post,non è che avessi svelato un grande mistero...oppure si? :P vabbè chiedo perdono,non avevo cattive intenzioni.

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  4. E io che pensavo di essere l'unica a riempirsi la trousse di paranoie..

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  5. Ma quanto adoro questo blog?? LOVE U.

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